“Suite francese” di Irène Némirovsky

98695607bbe434f506e8a88235e26bfb_w600_h_mw_mh_cs_cx_cyA volte vuoi leggere un libro, lo metti nella tua lista desideri ma non ti decidi mai a prenderlo in mano, dai sempre la precedenza ad altro. Poi viene tua madre e ti dice: “È uscito il film al cinema, andiamo a vederlo insieme?”. Quindi ti metti lì a leggerlo notte e giorno, fai le maratone per finirlo il più presto possibile, prima che lo tolgano dalle sale, perché non puoi vedere prima il film e poi leggere il libro. No, non si fa. A parte con Il signore degli anelli, che quel film è stato fatto così bene che non puoi aspettare. Però questo è un capitolo a parte. Comunque, come finisce la storia? Che dopo aver letto il libro ti passa la voglia di andare a vedere la trasposizione cinematografica.

Il motivo è semplice, in questo caso. Irène Némirovsky, autrice di Suite francese, è morta prima di completare l’opera che aveva pianificato. La scrittrice aveva pensato di creare una sorta di poema sinfonico in cinque movimenti ma, concluse le prime due parti, nel luglio del ’42 fu arrestata e deportata prima a Phitiviers e poi ad Auschvitz, dove morì il 19 agosto di tifo. Nei suoi appunti c’era scritto che pensava di creare una storia di mille pagine composta da cinque parti di duecento pagine ciascuna, ma ce ne restano solo due insieme a qualche spunto per le altre. La composizione pensata dalla Némirovsky doveva essere pressappoco questa:

  1. Tempesta in giugno
  2. Dolce
  3. Prigionia
  4. Battaglie
  5. La pace
Irène Némirovsky (1903-1942)

Tempesta in giugno e Dolce furono ritrovati dalle due figlie della scrittrice anni dopo la sua morte. Le ragazze, che erano fuggite in diversi posti insieme alla tutrice per salvarsi la pelle, si erano portate dietro per molto tempo una valigia piena di fotografie e scritti della madre, ma pensavano che tra quelle cose ci fosse un diario personale e che leggerlo fosse troppo doloroso. Nel ’90 Denise, la più grande delle due, prese accordi con un archivio francese per donare le opere della madre, ma scoprirono dei quaderni che contenevano Suite francese, che fu pubblicato nel 2004 riscuotendo un grandissimo successo. L’edizione (che in Italia arriva un anno dopo) comprende una prefazione di Myriam Anissimov, note della stessa Némirovsky sul racconto e su quelli che non è arrivata a scrivere e stralci della corrispondenza tra lei, il marito, gli editori e altre persone nel periodo in cui lei non era più reperibile. Alla fine c’è una breve ricostruzione della vita dell’autrice, di cui colpisce molto il rapporto con la madre che non le ha mai dato l’affetto che meritava e non si è mai curata neanche delle nipoti Babet e Denise. Le due ragazze, alla fine della guerra, sono andate dalla nonna, che nel frattempo era vissuta tra gli agi in Svizzera, e alla loro richiesta d’aiuto questa ha risposto qualcosa come: “I vostri genitori sono morti? Che fate qui? Cercatevi un orfanotrofio, piuttosto!”. Che dire? Una brava nonna, morta nel 1989 a ben 102 anni.

Ma andiamo al libro. Vi racconto un po’ la storia. Tempesta in giugno è un insieme di quadri sul tracollo della Francia durante la seconda guerra mondiale. Tutto comincia a Parigi il 4 giugno 1940, giorno in cui avviene il primo bombardamento della città. Al centro della vicenda ci sono le famiglie Péricand e Michaud, Gabriel Corte e Charlie Langelet; tutti vengono seguiti nella loro fuga per salvarsi. Sono di classi sociali diverse, ma nella sventura si è tutti disperati allo stesso modo, anche se c’è chi tenta di mantenersi al di sopra degli altri o chi è disposto ad ingannare il prossimo ispirandosi al principio mors tua, vita mea. Comunque gli unici che sembrano rimanere retti ed onesti sono i Michaud, la cui storia s’intreccerà a quella degli altri personaggi più tardi (ma noi non lo sapremo mai, perché questo sarebbe dovuto accadere da Prigionia in poi).
Per quanto riguarda Dolce, vediamo le due signore Angellier (Lucile e la suocera) che nascondono tutte le loro cose perché stanno arrivando i tedeschi, molti dei quali si stabiliranno nelle case dei francesi. Gaston Angellier, il marito della giovane e bella Lucile, è stato catturato ed è prigioniero in Germania, e lei vive con la madre di lui, una donna  molto severa che non ama la nuora, non la vede come moglie devota. In realtà la ragazza è stata data in sposa a Gaston perché lui era un buon partito, ma non si sono mai amati, anzi lui a Digione aveva un’amante che gli costava fior di quattrini e che aveva anche messo incinta, ma Lucile sopportava in silenzio. Un ufficiale tedesco, Bruno von Falk, viene a stabilirsi a casa Angellier. È una persona molto gentile, colta ed educata che conquista il cuore di Lucile. Il sentimento è reciproco, però devono stare attenti, il paese non lo accetterebbe, ma siccome tutti vedono che i rapporti tra i due sono amichevoli ne approfittano per chiederle di intercedere presso i tedeschi al fine di ricevere favori. Ma un giorno un tedesco viene ucciso da uno del paese e gli equilibri si rompono. I tedeschi vengono richiamati per andare altrove e finisce tutto così.

La storia sarebbe dovuta continuare nel terzo movimento, ma purtroppo la vita della Némirovsky è stata spezzata prima che potesse portare a termine l’opera. Quello che emerge è che nonostante le sue origini l’autrice non si mette a difendere a spada tratta gli ebrei, pone più l’accento sulla Francia, che viene vista come un paese vinto che non riesce a reagire, un paese pieno di gente che perfino nella sventura vuole rimarcare quell’abisso che c’è tra ricchi e poveri, a cui importa solo di mantenere quelle gerarchie sociali a cui è sempre stato abituato. Ma nonostante questo, la cosa che colpisce di più è il punto di vista obiettivo dell’autrice, espresso per bocca di Lucile Angellier in Dolce: la ragazza (forse un po’ influenzata dal sentimento per Bruno) riflette sul comportamento dei tedeschi e pensa che in fondo stanno facendo il loro lavoro, probabilmente, a parti invertite, anche i francesi sarebbero stati considerati invasori e sarebbero stati odiati allo stesso modo, se non di più.

Lucile alzò gli occhi, e per un attimo lei e l’ufficiale si guardarono. Una ridda di pensieri attraversò in un secondo la mente di Lucile: “Forse è lui che ha fatto prigioniero Gaston…” disse fra sé e sé. “Mio Dio, quanti francesi avrà ucciso? Quante lacrime saranno state versate a causa sua?
É anche vero, però, che se la guerra fosse andata in un altro modo oggi forse sarebbe Gaston a entrare da padrone in una casa tedesca… É la guerra, non è colpa di questo ragazzo”

E la conferma arriva dalle parole dello stesso Bruno durante una discussione con lei: loro sono soldati, e i soldati non pensano, i capi danno loro un ordine e loro obbediscono, senza se e senza ma. La guerra è qualcosa che è troppo più grande di loro, devono accettarla e cercare di farsi meno male possibile.
Per quanto mi riguarda i toni sono troppo melodrammatici per i miei gusti, ho trovato Suite francese un testo con una chiara impronta femminile. Su questi argomenti mi colpisce di più la narrazione cruda, forte dei fatti. Per questo motivo tra le due parti quella che mi è piaciuta di più è stata Tempesta in giugno.

Dal film “Suite francese”, Lucile (Michelle Williams) e Bruno (Matthias Schoenaerts)

Adesso, tornando al film, vi spiego perché ho deciso di non andare più a vederlo. Dopo aver letto il libro ho capito che se lo avessero basato su Tempesta in giugno non gliene sarebbe fregato niente a nessuno, perché si sa, al pubblico devi dare la storia d’amore, se no non s’appassiona. Infatti che cosa ci dicono? “La più grande storia d’amore mai raccontata”, che però non capisco quale possa essere, dato che in un momento potrebbe essere quella tra Lucile e Bruno, ma poi lui se ne va altrove e la Némirovsky negli appunti ci fa capire che, secondo la sua idea, verrà ucciso e Lucile finirà per innamorasi del figlio dei Michaud. Chissà come sarebbe andata a finire. Ma soprattutto, chissà com’è il film, dato che questa grande passione tra Lucile e Bruno nel libro non c’è. Al massimo è repressa, ma non esplode mai.

Titolo: Suite francese
Autore: Irène Némirovsky
Traduzione:
 L. Frausin Guarino
Genere:
 Romanzo
Anno di pubblicazione:
 2004
Pagine: 415
Prezzo: 17 €
Editore: Adelphi

Giudizio personale: spienaspienaspienasmezzasvuota

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8 pensieri su ““Suite francese” di Irène Némirovsky

  1. Io dico che dopo l’uscita del film l’autrice si sarà rivoltata nella tomba.

    Peccato che sia morta prima di completare l’opera. Da quello che hai scritto sembrava avere le idee molto chiare sul come continuare la storia.

  2. Bellissima recensione, Valentina. Complimenti!
    Della Némirovsky ho letto solo “Il ballo”, romanzetto (forse più racconto) modesto e alquanto deludente. Di questo romanzo mi ha parlato con toni entusiastici un collega e mi sono stupita perché difficilmente gli uomini hanno questo tipo di gusti nell’ambito narrativo. Ma è un docente di storia e filosofia, forse ha apprezzato il contesto. Pensavo di leggerlo e anche di vedere il film (a me non dispiace vedere dopo la trasposizione cinematografica dei romanzi) però alla fine non mi attira più di tanto. Vedremo …

    • Ti ringrazio, Marisa. Su questo libro c’era molto altro da dire, ma non potevo scrivere un poema, sicché… Comunque a chi avesse voglia di approfondire, consiglio di leggere qualcosa sulla vita dell’autrice, sulla madre e le figlie, credo che sia più interessante delle sue opere.
      Hai ragione, è strano sentire questi pareri da un uomo, ma non finiamo mai di stupirci. Credo anch’io che abbia apprezzato più il contesto che la narrazione in sé. Il film lo vedrò, ma sicuramente non al cinema, anche perché credo che ormai non lo passino più.
      Non credo che sia una storia così rappresentativa per il periodo storico in cui è ambientata o per il tema affrontato. Sulla seconda guerra mondiale e sull’amicizia o sull’amore tra due persone appartenenti a schieramenti contrapposti ce ne sono a bizzeffe, anche molto più belli di questo. Però si legge facilmente.

  3. Bello quando i libri ti appassionano, ne vengono delle belle recensioni da cui trapela la tua emozione. Non ho letto il libro, non ho visto il film ma mai dire mai. Se affronti il film come una opera diversa dal libro forse potrebbe anche celarti delle piacevoli sorprese. 🙂

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