Il fisico – come il poeta – non deve descrivere i fatti del mondo,
ma creare metafore e connessioni mentali.
Da quell’estate in poi, Heisenberg capì che applicare i concetti
della fisica classica – come posizione, velocità e movimento –
a una particella subatomica era uno sproposito madornale.
Quell’aspetto della natura richiedeva una lingua nuova.
Sono sempre stata una persona molto curiosa, mi interessa un mucchio di roba, ma soprattutto ciò che sta dietro le cose, ciò che le ha fatte nascere, che ha portato alla loro scoperta o chi ne è stato responsabile. Questo è uno dei motivi per cui quando ho saputo che Adelphi avrebbe pubblicato Quando abbiamo smesso di capire il mondo ho aspettato con grande ansia l’uscita. Si tratta del terzo libro di Benjamín Labatut, che qui ci regala storie vere e apparentemente incredibili che hanno portato il mondo a essere ciò che oggi, nei fatti, è. Labatut si propone di ricostruire vicende che hanno deciso la nascita della scienza moderna, non descrivendone in maniera distaccata le dinamiche, bensì entrando nella storia, nella mente dei protagonisti. Ciò che appassiona di più è sicuramente il modo in cui queste vicende si legano, il modo in cui i racconti si intrecciano e i personaggi si incontrano.
Labatut tratta tanti argomenti diversi e lo fa in modo molto coinvolgente, oltre che romanzato. Parla della scoperta casuale del blu di Prussia da parte di un alchimista che intorno al Settecento decide di dimenticarsene, considerandolo solo un errore. Di Fritz Haber che scopre un composto micidiale a base di cianuro che verrà utilizzato durante la battaglia di Ypres contro i nemici, ma che vincerà anche il Nobel per essere riuscito a estrarre l’azoto dall’aria, dando poi vita alla nascita dei fertilizzanti che permisero alla popolazione mondiale di crescere di numero conseguentemente alla velocizzazione dei processi agricoli. Ci racconta, sempre a proposito del cianuro, che solo un indiano ha saputo dire che sapore abbia, perché è stato l’unico, dopo averlo ingerito, ad avere qualche secondo per raccontarlo, e di come solo una percentuale della popolazione mondiale riesca a sentirne l’odore perché dotata di un gene particolare che glielo permette (nelle camere a gas dei campi di sterminio, molti infatti non sentirono l’odore di mandorle amare della morte incombente provocata dallo Zyklon B).
O ancora, Labatut ci racconta del rapporto fra Einstein e Karl Schwarzschild, astronomo, fisico, matematico e tenente dell’esercito tedesco, che gli ha mandato una lettera in cui comunicava la prima soluzione esatta alle equazioni della teoria della relatività generale.
Per capire il mio lavoro dovete disattivare gli schemi di pensiero che avete installato nei vostri cervelli e che avete dato per scontato per così tanti anni.
Ma c’è anche la storia di Shinichi Mochizuki che nel 2012 sul suo blog pubblica quattro articoli contenenti la dimostrazione di una delle congetture più importanti della teoria dei numeri, ovvero a+b=c, senza che nessuno, finora, sia stato in grado di capirla perché presupponeva che ogni schema usato fino a quel momento venisse abbandonato in favore di una visione completamente nuova della scienza matematica e del mondo. Una storia che si lega a quella di Alexander Grothendieck, che qualcuno supponeva avesse quasi contagiato Mochizuki, che parlava del “cuore del cuore”, qualcosa che era difficilissimo raggiungere e addirittura vedere, ma di cui ci arrivavano solo riflessi. Grothendieck passò parte della sua vita in solitudine e quasi spaventato dalle conclusioni a cui era arrivato tramite i suoi ragionamenti. Qualcosa che probabilmente vide anche Mochizuki, chissà.

E incredibile è anche la storia di Heisenberg (collegata anche a quella di Schrödinger e De Broglie), che durante il suo soggiorno a Helgoland si accorge che bisogna smettere di capire il mondo come lo si era fatto fino a quel punto e adottare un punto di vista del tutto nuovo. Racconto che dà il titolo a questo libro meraviglioso in cui c’è molto di più di quello di cui abbiamo parlato fin qui, e che offre moltissimi spunti di riflessione non solo sulle scienze ma soprattutto sull’etica e sulla natura umana, fonte di grandi scoperte ma anche causa di enormi catastrofi. È interessante il concetto del raggiungimento del cuore delle cose e del cambiamento totale del punto di vista sul mondo, cosa che a parole sembra così semplice ma che spesso non lo è, soprattutto quando significa smontare secoli di teorie e ricominciare da capo, anche costruendo nuove basi che all’inizio sembrano traballanti. Ma che col tempo potrebbero essere convalidate.
Labatut prende per mano il lettore e lo accompagna in questo filo di pensieri, storie e teorie che, se in un primo momento ci fa intendere che abbiamo una buona idea di come funzionano l’universo e la natura intorno a noi, poi instilla nelle nostre menti il dubbio che, alla fine, forse, il mondo non lo conosciamo così bene e che in fondo siamo così piccoli che non lo capiremo mai del tutto, nonostante la smania che abbiamo di farlo. E questo un po’ spaventa.
Buona lettura!
Titolo: Quando abbiamo smesso di capire il mondo
Autore: Benjamín Labatut
Traduttore: Lisa Topi
Genere: Saggistica / Racconti
Data di pubblicazione: 4 febbraio 2021
Pagine: 180
Prezzo: 18 €
Editore: Adelphi