La correttezza paga

Nessuna recensione oggi. Voglio parlarvi di un’iniziativa a cui aderisco volentieri: “La correttezza paga”.
Sapete quante persone lavorano in una casa editrice? E sapete anche se tutte queste persone che lavorano vengano (più o meno) retribuite? Bene, sappiate che molti si ritrovano a lavorare gratis, sgobbano, l’editore si fa bello coi loro servizi (grafici, traduttori, correttori di bozze, ecc.) e loro, invece, non prendono un soldo. Per questo motivo decido anch’io, insieme ad altri blogger (e chi vuole unirsi si unisca pure), di non recensire lavori che provengono da case editrici che non fanno il loro dovere nei confronti dei loro collaboratori pagandoli.

Non si fanno nomi e non ci sono liste di cattivi, semplicemente ognuno di noi ha la possibilità di rifiutarsi di dare pubblicità a qualcuno che non lo merita. Se siete dei professionisti che non vengono pagati, se sapete di case editrici “disoneste”, o se conoscete qualcuno in questa situazione, potete segnalarlo a lacorrettezzapaga@gmail.com (oppure direttamente a Chiara, Gaia o Luca, di cui trovate gli indirizzi blog più in basso).
Allo stesso indirizzo possiamo rivolgerci per avere informazioni su chi ci presenta un libro da recensire, se non lo conosciamo o abbiamo dei dubbi. Ovviamente ogni segnalazione verrà controllata e confermata, perché correttezza non significa diffamazione. Facciamo un boicottaggio silenzioso.

L’idea è nata inizialmente da Luca Pantarotto di Holden & Company, come forma di protesta personale:

Poi Luca ha sviluppato l’idea coinvolgendo Francesca Schipa e Marina Vitale di diLetti e riLetti, che hanno creato rispettivamente grafica e slogan. Chiara Beretta Mazzotta di Bookblister e Gaia Conventi di Giramenti hanno subito aderito. Da tutto questo è nato il banner che mi affretto ad inserire su questo blog. Chi vuole aderire, faccia altrettanto. Oppure condivida e diffonda questa iniziativa.

correttezza

Se non sei uno scrittore, non fa niente. Non tutti ne siamo capaci!

È da un po’ di tempo che mi chiedo “chi è veramente uno scrittore?”. Voi sapete rispondere? Io potrei azzardare una risposta: secondo me è uno che ha una storia da raccontare e la sa raccontare. Ma così la definizione sarebbe alquanto imprecisa, non specificando quante storie uno ha raccontato ci si può riferire a uno che ha scritto un solo libro, mentre scrittore per me è uno che ne ha scritti di più, che lo fa come mestiere. E il mestiere porta spesso a “raccontare per andare avanti”, altrimenti non ti si fila più nessuno e non guadagni più. Quindi? Non saprei come uscirne, ma so per certo che per essere considerato scrittore ci vogliono delle basi solide, e penso a tutti quelli che, specialmente al giorno d’oggi, si mettono a scrivere perché sono convinti di poterlo fare.

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Più di una volta mi è stato detto che potrei tentare, che probabilmente ci riuscirei. Quello che rispondo sempre io è che non ho niente da raccontare, la mia testa non partorisce storie. Non ho fantasia, insomma, né mi è successo qualcosa di così particolare da volerlo condividere con il mondo. E poi non riuscirei ad affrontare il giudizio del pubblico, perché ci sarà sempre qualcuno che ti dirà che il tuo lavoro fa schifo, com’è giusto che sia. Quello che non è giusto è dirlo con cattiveria, come fanno alcuni che neanche Catone il censore… Comunque, amici, non siamo tutti tagliati per il mestiere della scrittura. Le cose sono tre:

  1. Hai una storia da raccontare ma non sai scriverla. Ok, cerca di capire cosa sbagli, fatti un corso di scrittura, leggiti un libro di grammatica (ma bene!) o fatti aiutare da qualcuno che ti corregga tutti gli errori che fai. Se la tua storia merita di essere letta, andrà bene. Non bisogna avere una laurea in fisica nucleare o in letteratura per raccontare qualcosa, se c’è la materia prima (l’idea), la tecnica si può imparare. Vedi Fabio Volo, che per quanto a me non piaccia, ha delle cose da raccontare (non mi piacciono neanche quelle, ma sono cose che sa risulteranno gradite ad un certo pubblico) e le scrive (forse con qualcuno che lo aiuta), pur avendo la terza media.
  2. Non hai niente da raccontare, ma sapresti scriverlo. Lascia perdere, verrà fuori una cosa immonda di cui non fregherà niente a nessuno, perché quando una cosa è “costruita” si vede, eccome se si vede!
  3. Non hai una storia da raccontare e non sai neanche raccontarla. Il peggio del peggio. Qua ci mettiamo quelli che credono troppo in se stessi e spesso, rifiutati giustamente da vari editori, si fanno fregare un sacco di soldi da chi li aiuta a stampare la grande opera e poi dice: “Bene, caro allocco, adesso sono cavoli tuoi, venditela come vuoi, se nessuno se la compra tu ci perdi tutto, io almeno ci ho guadagnato bene”.

Ecco, io mi rivolgo specialmente agli “scrittori” del punto 3. Non fatevi fregare, non c’è niente di male a non saper scrivere, fate altro! Soprattutto quando vi trovate in ristrettezze economiche, evitate di buttare via il vostro denaro, usatelo per mangiare piuttosto che per tentare una strada che andrà sicuramente male. Prima di lanciarvi nel mercato editoriale, che, credetemi, è una giungla, fatevi giudicare più e più volte da qualcuno che non abbia peli sulla lingua. Credere in se stessi va bene, ma solo quando si hanno le basi per farlo: Natalia Osipova, se partecipa ad un concorso di danza, potrà credere in se stessa se vuole vincerlo, ma io, Valentina, non posso credere in me stessa nel momento in cui voglio diventare la nuova Emily Brontë! Mi è capitato di leggere testi di cui onestamente non ho capito la trama, in cui mi sono chiesta continuamente “Che cosa vuole dire? Dove vuole andare a parare? Che sta dicendo?”, pieni di errori del tipo “aiutatemi ha farlo/c’è lo”, o scritti con una punteggiatura da film dell’orrore, virgole messe ogni due parole e puntini di sospensione a iosa.
Ultima cosa: i nuovi autori spuntano come funghi e il 90% di loro è da scartare già dopo aver letto il titolo del libro presentato. Risparmiamo carta, le foreste ringrazieranno, e il pianeta pure.