Il tempo della speranza (Le sorelle del Ku’damm vol. 3) | Brigitte Riebe

Ci vuole un bel po’ di coraggio
a restare fedeli a ciò che si ama

quando hai tutto il mondo contro.

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A fine marzo è uscito in libreria il capitolo conclusivo di una saga che ho amato moltissimo, Le sorelle del Ku’damm di Brigitte Riebe, e si tratta de Il tempo della speranza. Purtroppo quest’anno per vari motivi sono lentissima su tutto e il tempo per la lettura è diminuito notevolmente, ma ci tengo comunque a parlarvi dei libri che tengo sul comodino, anche se in ritardissimo. Tanto i libri rimangono sempre, no?
Tornando al romanzo di cui sopra, per chi si fosse perso i primi due volumi, questa trilogia vede come protagonista una famiglia tedesca (e in particolare le sorelle Thalheim) che dopo la fine della seconda guerra mondiale cerca di rimettere in piedi l’attività che in precedenza era molto fiorente e che poi è andata persa quasi del tutto: i grandi magazzini della moda. Rike, la più grande, e il padre avevano nascosto vari tessuti, da cui poi hanno deciso di ripartire, prima aprendo un piccolo negozietto (peri pochi mezzi dei Thalheim e delle eventuali clienti), e poi espandendolo sempre di più fino allo sfarzo di una volta. Il primo capitolo è dedicato proprio a Rike, il secondo a Silvie e il terzo, quello conclusivo che copre un arco di tempo fra il 1958 e il 1963, alla “piccola” Florentine, la figlia della seconda moglie del padre, Claire, che non ha mai nutrito troppo amore per l’attività di famiglia ma si è sempre voluta dedicare all’arte. Da contare fra le sorelle Thalheim c’è anche Miriam, ex sarta dei magazzini originari, che si unisce alle altre nella ricostruzione e per vari motivi fa parte della famiglia.

Flori, dicevamo, vuole studiare arte e infatti s’iscrive all’accademia, con un po’ di delusione da parte del padre che sperava collaborasse con le sorelle. Inizialmente non viene ammessa, ma poi riesce a convincere il direttore che la spedisce nella classe di Rufus Lindberg, un uomo tanto affascinante quanto fuori dagli schemi. La ragazza se ne innamora e instaura con lui una relazione che purtroppo finirà male e la porterà a scegliere di abbandonare gli studi. Ma è qui che Flori scopre la fotografia e capisce di avere un gran talento, quindi aiutata dal suo amico Benka deciderà di seguire questa strada, che può anche permetterle di fare la sua parte per quanto riguarda i magazzini Thalheim.
Le vicende narrate sono moltissime, anche perché ci troviamo nel bel mezzo delle tensioni fra Est e Ovest, e poi tornerà a minacciare la famiglia un personaggio che si pensava si fossero lasciati alle spalle e che ha sempre tramato contro di loro.

Abbiamo detto che il punto di vista da cui è narrata la storia stavolta è quello di Flori, e questo ci permette di seguire l’evoluzione di un personaggio che all’inizio della trilogia poteva suscitare un po’ di antipatia. Era la piccola di famiglia, probabilmente la più coccolata e viziatella, quella che faceva di meno meno perché c’erano la mamma e le sorelle più grandi, e comunque per l’azienda Thalheim avrebbe potuto fare ben poco perché appunto era solo una ragazzina. Adesso è diventata una donna, capisce molto di più cosa le succede intorno e si trova a dover prendere decisioni importanti nella propria vita, come per esempio comprendere quale sia il suo compito nei grandi magazzini. Il libro si apre quando è appena tornata da Parigi, una città da sogno in cui ha anche vissuto un amore molto forte, e deve scontrarsi con un mondo che le sembra del tutto diverso, ma che la riporta con i piedi per terra.

Già dopo pochi passi ha l’impressione di non essere mai andata via. Berlino ha un profumo diverso da Parigi, più acre, povero, per niente chic e di certo ben poco mediterraneo. Odora di sporcizia e non di ostriche, di carbone, würstel e senape da quattro soldi, eppure Flori respira avidamente quell’aria fredda.

E sarà proprio da qui, da questo impatto con quell’aria fredda e l’odore di sporcizia che la ragazza subirà un’evoluzione che all’inizio del primo volume ci sarebbe sembrata del tutto imprevedibile.

Mi dispiace un po’ che questa bella saga si sia conclusa, perché Riebe ha un modo di scrivere e narrare che coinvolge moltissimo e fa sperare che le sue storie non finiscano mai. Ma Il tempo della speranza è la degna conclusione del cammino della famiglia Thalheim e di tre sorelle (che, come ho già detto, in realtà sono quattro) a cui ci siamo proprio affezionati sin dal primo volume. Appena potrò cercherò sicuramente qualcos’altro di suo!

Nel frattempo, buona lettura!

Titolo: Il tempo della speranza
Autore: Brigitte Riebe
Traduttore: Teresa Ciuffoletti e Viola Savaglio
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 31 marzo 2022
Pagine: 500
Prezzo: 18,50 €
Editore: Fazi


Brigitte Riebe – Ha conseguito un dottorato in Storia e successivamente ha lavorato come editor per una casa editrice. Ha pubblicato numerosi romanzi di grande successo, in cui ripercorre le vicende dei secoli passati. I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. Vive con il marito a Monaco.

Infanzia (Trilogia di Copenaghen vol. 1) | Tove Ditlevsen

Dovunque ci si volti,
si va a sbattere contro la propria infanzia

e ci si fa male, perché è spigolosa e dura,
e ci si ferma solo dopo esserne stati completamente lacerati.

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Il mese scorso Fazi ha dato il via a una nuova saga che viene per la prima volta tradotta in italiano, nello specifico da Alessandro Storti. Si tratta della trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, una storia autobiografica divisa appunto in tre volumi che di recente è stata riscoperta e ha avuto un grande successo in tutto il mondo. Nel primo romanzo, Infanzia, si parte dagli anni della fanciullezza di Tove, che vive nella Copenaghen degli anni Trenta con il fratello maggiore e i genitori. Il padre cambia spesso lavoro e la madre è una donna molto dura e per nulla amorevole con la bambina. Tove cresce con il grande desiderio di scrivere poesie, le sente nel suo cuore, ma quando il padre le dice che le donne non possono fare le scrittrici e la madre non fa altro che tarparle le ali, lei decide di non esprimere più questa sua passione, almeno in pubblico. La tiene semplicemente per sé, sperando che un giorno le cose possano cambiare, che arrivi l’occasione giusta.

Io, tutta contenta, ho detto: «Voglio fare la scrittrice anch’io!».
Lui ha subito corrugato la fronte e ha detto in tono minaccioso: «Non metterti in testa certe cose! Le femmine non possono fare le scrittrici».
Io, umiliata e offesa, mi sono chiusa in me stessa, mentre mia madre e Edvin ridevano di questa mia folle idea. Ho deciso di non rivelare mai più i miei sogni, e ho tenuto fede a questa risoluzione per tutta l’infanzia.

Ma, da lì a quando nei fatti inizierà ad allontanarsi dall’infanzia per entrare nell’adolescenza, Tove non farà altro che sentirsi fuori posto, diversa anche dalle amiche più vicine, come Ruth che però la aiuta a capire un po’ come funziona il mondo. La protagonista, che è anche voce narrante, sembra avere un modo di vedere e sentire le cose diverso dagli altri, una sensibilità e una lucidità fuori dagli schemi. Questo è il motivo per cui le sue parole sono coperte da un velo di malinconia: sono le parole di una ragazzina disillusa che sa che appartiene alla classe operaia e in qualche modo sta vivendo una vita che non è quella che vorrebbe, che i suoi desideri al momento non sono alla sua portata e deve dimostrare di valere qualcosa, prima di poterli realizzare.

Infanzia è una storia piena di descrizioni, impressioni e opinioni di una bambina che si avvia verso l’età adulta sapendo che diventerà donna e che dovrà conquistarsi il suo posto nel mondo, magari riuscire ad andar via da quel quartiere operaio in cui vive ed essere una poetessa. E dalla sua biografia sappiamo, poi, che è riuscita a realizzare il suo sogno, si è sposata quattro volte e ha avuto due figli, ma quell’infelicità le è rimasta addosso: per tutta la vita ha avuto problemi di alcol e droga e alla fine si è suicidata.
Il testo, con il suo stile semplice e scorrevole, è molto breve, quindi si potrebbe avere la sensazione che finisca troppo presto. Per questo, è grande l’attesa del volume successivo. Nel frattempo, se vi incuriosisce e volete iniziare a leggerlo, Fazi ha messo a disposizione sul proprio sito i primi tre capitoli di questo romanzo, che potete leggere QUI insieme a qualche informazione in più sul libro.

Buona lettura!

Titolo: Infanzia
Autore: Tove Ditlevsen
Traduttore: Alessandro Storti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 24 marzo 2022
Pagine: 124
Prezzo: 15 €
Editore: Fazi


Tove Ditlevsen – È stata una celebrata poetessa e romanziera danese. I suoi libri autobiografici, InfanziaGioventù e Dipendenza, compongono la trilogia di Copenaghen. In queste pagine, con una chiarezza e una sincerità cristalline, l’autrice racconta la sua vita tormentata: eterna outsider del mondo letterario, quattro matrimoni e quattro divorzi alle spalle, per tutta la sua vita adulta ha avuto problemi di dipendenza da alcol e droghe ed è morta suicida nel 1976.

Amatissimi | Cara Wall

Gli mancava il fiato,
era soffocato dalla consapevolezza che ci sono cose
che “dovrebbero” spezzare un uomo –
che rimanere interi sarebbe disumano.
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Oggi voglio parlarvi di un libro che è uscito a fine febbraio per Fazi, il romanzo d’esordio di una giovane scrittrice americana che lascia davvero il segno. Si tratta di Amatissimi di Cara Wall, tradotto per il pubblico italiano dalla bravissima Silvia Castoldi, ed è una storia in cui si intrecciano tanti temi diversi. Ma andiamo con ordine.
Siamo negli anni Sessanta, nel Greenwich Village. La Terza Chiesa Presbiteriana sta uscendo da un periodo buio dovuto all’ultimo ministro del culto che non è riuscito a farsi amare dai fedeli e a fare bene il suo lavoro. All’annuncio che viene pubblicato rispondono due giovani, Charles Barrett e James MacNally, che poi verranno scelti insieme proprio perché per le qualità che hanno si compensano fra loro. Charles, infatti, destinato a diventare professore di storia a Harvard, ha avuto una vera vocazione e crede moltissimo in quello che predica; mentre James, che proviene da una famiglia complicata (un padre che ha lottato per anni con l’alcol), non ha una fede così forte ma ha uno slancio potentissimo verso il prossimo, crede nell’azione finalizzata all’aiuto di chi è in difficoltà e crede nella giustizia. Insomma, sembrano una squadra perfetta e fra loro si crea anche un forte rapporto di amicizia. Diversa, però, è la situazione delle due mogli: Lily, la moglie di Charles, è un’intellettuale e non crede in Dio, anche perché ha perso i genitori in un terribile incidente, cosa che le fa vivere in modo burrascoso i rapporti con gli altri; Nan, la signora MacNally, figlia a sua volta di un ministro del culto, crede nella missione di James, la fa sua, cerca di stargli accanto in ciò che fa ma a volte dubita di se stessa e della genuinità del proprio agire nei confronti degli altri.

Amatissimi è la storia di queste quattro persone che di punto in bianco si ritrovano a condividere la vita, con tutto ciò che ne consegue. Per quarant’anni cercheranno dei compromessi, si aiuteranno a vicenda e affronteranno anche varie incomprensioni; attraverseranno diversi eventi storici, cambiamenti epocali e tante sfide, la più importante delle quali sarà la genitorialità, cosa non sempre facile e gioiosa. Ma in così tanti anni cambia moltissimo, e infatti James e Charles, ma soprattutto Lily e Nan, cresceranno moltissimo e inizieranno a vedere la realtà in modo diverso, più morbido verso gli altri e verso se stessi.
Importante è anche il discorso di Wall sulla religione, fatto attraverso il filtro di quattro voci diverse che la intendono in modi differenti. C’è chi crede con tutte le proprie forze ma dubita del fatto che il proprio agire sia solo senso del dovere; chi non ha una fede forte ma crede nella bontà, nell’aiuto e nella giustizia sociale; chi non crede ma piano piano impara a capire cosa significa la fede per gli altri; e chi, a causa di un grande dolore, vede vacillare la propria fede, la perde e cerca di ritrovarla.

Il giorno in cui morì Charles Barrett, James MacNally chiuse la porta del suo studio, si sedette sulla sedia e appoggiò la testa sopra il bordo spesso della scrivania, per poter piangere. La moglie, Nan, non bussò per farsi aprire, anche se quei singhiozzi forti e violenti la colpivano come pietre. Era consapevole che anche a lei la morte di James avrebbe strappato gli stessi suoni, se lui se ne fosse andato per primo e l’avesse lasciata alla deriva nel mondo, senza più un’ancora.

La vicenda ha inizio con la morte di Charles e poi c’è tutto un lunghissimo flashback che ripercorre le storie dei protagonisti da quando erano giovani studenti e si sono incontrati. Wall ci racconta da dove provengono queste quattro persone così diverse, quale sia il loro vissuto prima di finire ad amministrare la Terza Chiesa Presbiteriana tutti insieme. Poi passa a narrarci come crescono, e lo fa senza mai giudicarli dall’alto, lascia che siano loro a interpretare – in modo positivo o negativo – le azioni degli altri e anche a cercare di comprenderle. James, Charles, Lily e Nan, sono persone normali a cui accadono cose che possono succedere a chiunque di noi nella vita, sono esseri umani che affrontano la durezza della vita in modi diversi. E la cosa più stupefacente del racconto di Wall, infatti, è il modo in cui quattro universi così lontani riescano – anche se con molte difficoltà – a coesistere e avvicinarsi l’uno all’altro.

Cara Wall ha scritto un romanzo che se parte un po’ più lentamente, nel momento in cui James e Charles diventano ministri del culto nella stessa Chiesa subisce un’accelerazione molto forte che fa decollare la storia e ci coinvolge definitivamente, senza lasciarci andare. È di certo un esordio potente, viene da pensare che questa autrice ci regalerà qualcosa di ancora più bello, in futuro.
Se nel frattempo volete farvi un’idea, qui è possibile leggere il primo capitolo del libro (io mi sono appassionata già dalle prime pagine, magari succede anche a voi).
Buona lettura!

Titolo: Amatissimi
Autore: Cara Wall
Traduttore: Silvia Castoldi
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 24 febbraio 2022
Pagine: 382
Prezzo: 18,50 €
Editore: Fazi


Cara Wall – Nata a New York, si è laureata a Stanford e ha studiato Scrittura creativa all’Università dell’Iowa. Ha iniziato a scrivere mentre insegnava Inglese e Storia in California e i suoi racconti sono stati pubblicati da varie riviste. Amatissimi è il suo primo romanzo. Attualmente vive a New York insieme alla sua famiglia.

La ragazza giusta | Elizabeth Jane Howard

Nella sua testa non faceva che fantasticare di una vita avventurosa,
in un suo mondo di sogno dove avvenivano cose meravigliose,
e quando una cosa nuova accadeva davvero, nella vita reale,
lui si comportava come se fosse un possibile disastro
che andava evitato in tutti i modi.
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Lo scorso undici novembre è tornata in libreria una delle autrici che, come sapete, amo di più: Elizabeth Jane Howard. Fazi ha pubblicato, sempre con la voce italiana di Manuela Francescon, La ragazza giusta, un romanzo uscito in originale nel 1982 con il titolo Getting it right. È una storia che, com’era prevedibile, mi è piaciuta molto non solo per il modo che questa scrittrice aveva di sondare l’animo dei suoi personaggi, di capire e descrivere esattamente cosa accadesse nei loro cuori, ma soprattutto per il tema principale: cercare qualcosa e non rendersi conto di averla sempre avuta sotto il naso.

Siamo nella Londra di fine anni Settanta. Gavin è un parrucchiere di trentun anni che vive con i genitori (la sorella si è sposata e vive col marito e i figli) e non ha mai conosciuto l’amore. In effetti non è uno che si accontenta facilmente e vuole l’amore con la A maiuscola, la persona perfetta. Il problema è che non è che conosca così tante ragazze, e non fa nemmeno una vita così movimentata; al lavoro gli girano intorno moltissime donne diverse, ma lui è un ragazzo timido e sensibile e se con quelle è estroverso e amabile, con quelle che gli piacciono sul serio si blocca. Motivo per cui la sorella cerca di spingergli addosso Muriel, una ragazza abbastanza fastidiosa che va a farsi sistemare i capelli e tenta di rimanergli appiccicata. Ma una sera il suo amico Harry lo invita ad andare insieme a una festa e Gavin, incuriosito, accetta. Lì conosce la padrona di casa, Joan, una donna affascinante e più grande di lui da cui rimarrà ammaliato, e Minerva, una ragazza magrolina e un po’ strana che prima si autoinvita a dormire a casa sua e poi cerca di tirarlo nella sua rete di menzogne e problemi.

Mentre Joan è una donna adulta con la sua vita e il suo unico problema è il marito che non sembra ricambiare il suo amore (anzi!), Minnie è abbandonata a se stessa, la famiglia la trascura, non le ha mai rivolto affetto e non cerca nemmeno di aiutarla nelle sue difficoltà. Minnie ha bisogno di attenzioni e le cercherà da lui. Conosciute queste due donne praticamente opposte, Gavin vorrebbe comprendere meglio la prima e aiutare la seconda – anche se imparerà che non possiamo sempre salvare tutti – ma nel frattempo si accorge di qualcuno che è sempre stato vicino a lui: Jenny, l’apprendista che lavora da tre anni nel suo stesso salone. Come mai non si è mai accorto di lei? Come mai non sono mai andati oltre i saluti e la comunicazione prettamente lavorativa?

Ma quella nata dalla penna della Howard non è solo la storia di un ragazzo ormai adulto che vive con i genitori e non si è lanciato nella vita vera, ma anche una bella critica non troppo celata della società inglese di quel periodo con tutte le sue ipocrisie e contraddizioni. Gavin, che entra in contatto con un enorme campionario di donne diverse e più o meno benestanti, conosce tutte le loro manie, i loro “problemi”, i loro pensieri bigotti, ma lui stesso è un prodotto di quella società che spesso critica così tanto. Si accorge di essere intrappolato anche lui nelle convinzioni di tanti, soprattutto quelle di sua madre, una donna il cui unico pensiero è quello di cucinare, pulire, rassettare e curare le apparenze. Gavin non potrebbe invitare una ragazza a casa anche solo per sentire della musica, magari in camera sua, perché altrimenti cosa bisognerebbe pensare? E non potrebbe fare tantissime altre cose del genere. A meno che non sia una lady e per la nobiltà i codici di comportamento sarebbero diversissimi.

«Non credi che il concetto di “persona giusta” sia relativo? Tu pensi che un giorno arriverà la persona perfetta, e allora sarà fatta! ma non arriverà. E se arriverà, non sarà così per sempre. Nessuno resta com’è. Puoi sperare al massimo che decida di muoversi nella tua stessa direzione».

È per questo che notiamo che la sua “evoluzione”, se così possiamo chiamarla, comincia proprio quando alla festa a cui lo ha portato il suo migliore amico conosce Joan e Minerva e il suo mondo viene completamente sconvolto. Sono delle figure che forse gli permetteranno di aprire gli occhi e di essere pronto per ciò che verrà dopo, quando magari si renderà conto che in fondo la perfezione non esiste e che le persone non possono rispondere a tutti i requisiti che abbiamo nella nostra testa, ma che il vero fascino molto spesso sta nell’essere imperfetti e sì, anche un po’ fragili.

Apprendo che da questo romanzo è stato tratto un film del 1989, Senza nessun timore, diretto da Randal Kleiser con Helena Bonham Carter nei panni di Minerva. Io cercherò di recuperarlo perché la storia è molto bella e a tratti anche ironica grazie a determinate figure che sono delle vere e proprie caricature, personaggi estremizzati proprio per rendere più veritiera la crescita del protagonista.

Buona lettura!

Titolo: La ragazza giusta
Autore: Elizabeth Jane Howard
Traduttore: Manuela Francescon
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 11 novembre 2021
Pagine: 406
Prezzo: 20 €
Editore: Fazi