In breve | Dipendenza (Trilogia di Copenaghen vol. 3) | Tove Ditlevsen

Insomma,
bisogna pur avere qualcosa a cui aggrapparsi,
per sopportare la vita.

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Qualche settimana fa è arrivato nelle librerie il terzo e ultimo capitolo della trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, Dipendenza, edito da Fazi nella traduzione di Alessandro Storti. Nel capitolo conclusivo di questa bella saga autobiografica, troviamo Tove ventenne, intenta a scrivere il suo primo romanzo e sposata con un editore più grande di lei di parecchi anni. Cerca di partecipare a piccole riunioni letterarie, di tenersi attiva in quell’ambiente, ma si rende conto che non è felice, soprattutto per via del marito, troppo freddo e distaccato, che non l’ha mai presa una volta fra le braccia. È così che conosce un altro ragazzo, s’innamora di lui e, una volta divorziata lo sposa. Ma non è l’unico inciampo, perché si sposerà ben quattro volte, con uomini sempre diversi che però non le daranno – almeno i primi tre – la normalità che vorrebbe, non la porteranno a essere come la madre tanto amata e tanto odiata. Sarà soprattutto il terzo marito, Carl, un medico, a rovinarle la vita e a farla sprofondare nel baratro delle dipendenze (non solo da sostanze, ma anche affettive).

E mi è sempre più chiaro che l’unica attività in cui sono davvero brava – l’unica che mi appassiona – è quella di formare proposizioni, comporre sintagmi o scrivere modeste quartine.

Ma l’unica cosa a cui Tove riesce a rimanere attaccata con tutte le forze è proprio la scrittura, la sua piccola oasi di pace, il desiderio che dopo tantissimi anni è riuscita a esaudire, data la fama che ormai ha come scrittrice e poetessa. E lei scrive, lo fa senza nasconderci i dettagli più vergognosi della sua vita, le gravidanze indesiderate, tutti i suoi errori, e mettendosi a nudo ci racconta dei suoi momenti più difficili e di come ha cercato di rialzarsi dopo tutte le ricadute. Chissà se dopo l’ultimo dei suoi matrimoni (qui la storia si interrompe poco dopo che ha conosciuto l’ultimo marito) Tove è stata felice, chissà se ha finalmente trovato l’amore e la tranquillità che ha sempre desiderato mentre si autosabotava. Leggere “Dipendenza” è stato un po’ come precipitare in un dirupo.

Buona lettura!

Titolo: Gioventù
Autore: Tove Ditlevsen
Traduttore: Alessandro Storti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 4 aprile 2023
Pagine: 178
Prezzo: 15 €
Editore: Fazi


Tove Ditlevsen – È stata una celebrata poetessa e romanziera danese. I suoi libri autobiografici, InfanziaGioventù e Dipendenza, compongono la trilogia di Copenaghen. In queste pagine, con una chiarezza e una sincerità cristalline, l’autrice racconta la sua vita tormentata: eterna outsider del mondo letterario, quattro matrimoni e quattro divorzi alle spalle, per tutta la sua vita adulta ha avuto problemi di dipendenza da alcol e droghe ed è morta suicida nel 1976.

I frutti di Jalna (Jalna vol. 5) | Mazo de la Roche

Jalna aveva un’aria orgogliosa,
consapevole di proteggere e amare
le persone che vivevano al suo interno.
Assorbiva con ogni sua fibra il sole d’inizio estate,
incurvava i suoi frontoni contro i temporali estivi.

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Nel mese che si è appena concluso è uscito in libreria il quinto volume della saga di Jalna di Mazo de la Roche, pubblicato da Fazi nella traduzione di Sabina Terziani. Con I frutti di Jalna torniamo, appunto, a Jalna, questa grande tenuta in Canada, e dalla famiglia Whiteoak, che a tutti gli effetti è una specie di clan molto unito e allo stesso tempo eterogeneo. La particolarità di questi romanzi è che, nonostante si alternino diversi eventi e si muovano tantissimi personaggi, la vera protagonista della storia è sempre la casa: rifugio contro le brutture del mondo, ma anche antro soffocante da cui fuggire per sopravvivere e scoprire cos’altro c’è là fuori. Ed è proprio in questo quinto capitolo della saga che emerge di più questa ambivalenza, soprattutto per Wakefield, Finch e Alayne, che in modi diversi e per motivi diversi si allontanano e poi sentono di nuovo una grandissima forza di attrazione verso la casa che li ha cresciuti, amati e protetti, o nella quale, comunque, immaginano la loro vita felice.
Wakefield, che ormai è diventato grande e lavora in un’officina, è fidanzato con Pauline Lebraux e i due sembrano doversi sposare presto, ma a un certo punto sconvolgerà tutti prendendo una decisione che nessuno potrebbe mai aspettarsi da lui, farà una scelta di vita che non verrà accolta bene dai Whiteoak che però poi la accetteranno. Finch, invece, che è un pianista di grande successo, torna dall’Europa con la moglie Sarah, ma arriva a casa psicologicamente distrutto: non vuole più vedere la donna che ha sposato, è stanco, vuole rimanere chiuso nella sua stanza e dà la colpa di tutto questo a Sarah, che lo ha stremato con la sua esuberanza (anche fisica).

Ma la preoccupazione più grande di Renny, oltre ai fratelli e all’economia di Jalna (di cui è proprio Sarah a detenere l’ipoteca, tenendoli tutti in pugno),  è il suo matrimonio con Alayne, che scopre che un po’ di tempo prima lui l’ha tradita con Clara Lebraux, la donna che viveva nella piccola fattoria all’interno della tenuta. La storia d’amore fra Alayne e Renny è sempre stata difficile e tempestosa, ma un tradimento è qualcosa che probabilmente non si può perdonare, così lei decide di tornarsene a New York dalla zia perché non vuole saperne più nulla del marito e dei Whiteoak e lascia la figlia a Jalna, dove – è sicura – starà meglio col padre, dato che la piccola Adeline sembra averla rifiutata fin dalla nascita. Arrivata dalla zia Harriet, però, scopre di essere incinta, e quella che sembrava una nuova vita negli Stati Uniti acquisterà tutto un altro sapore.

Ad Alayne sembrava l’inverno più lungo di sempre. Lasciando Jalna si era immaginata una vita nuova e attiva, in cui il suo vero sé, ostacolato e deformato negli anni passati in quella casa, avrebbe finalmente potuto espandersi di nuovo.

Nel frattempo tornano a casa anche Ernest e Nicholas, gli zii che erano stati per diverso tempo in Inghilterra per visitarla e amministrare l’eredità lasciata dalla sorella Augusta. Perché, come abbiamo detto, Jalna prima o poi richiama tutti, prima o poi e nessuno può davvero lasciarsela alle spalle. Questo succede solo per brevi periodi in cui, infatti, cambia l’ambientazione che, ne I frutti Jalna, passa dalla casa enorme dei Whiteoak a quella piccolina della zia Harriet Archer a New York, un appartamento che la donna, a causa di una grossa perdita di denaro per un investimento sbagliato, sarà costretta a lasciare.

Gli eventi che si succedono in questo volume della saga sono di meno, rispetto ai libri precedenti, ma sembra che la componente emotiva sia maggiore, forse perché si assiste allo scontro fra i due personaggi che potremmo definire i più forti della famiglia, Renny e Alayne. Lui, il capofamiglia, quello che farebbe qualsiasi cosa per salvare la casa e proteggere ognuno dei suoi familiari, che non si abbasserebbe mai ad accettare ricatti; lei, la donna colta, integerrima e piena di orgoglio e di amor proprio, definita spesso fredda (soprattutto da Meg, che non è mai riuscita a sopportarla davvero). Se all’inizio prendiamo le parti di Alayne, che è quella che viene tradita, poi Mazo de la Roche riesce a farci perdonare Renny, la colonna della sua storia, facendoci anche sperare in un compromesso, in un riavvicinamento.

Adesso rimane una grande curiosità per ciò che ci aspetta nel prossimo volume. Finch si riprenderà del tutto? Cosa farà Wakefield della sua vita? La nuova esperienza di maternità di Alayne sarà diversa? Il bambino dimostrerà di amarla più della bizzosa Adeline? Nel frattempo, se non avete ancora conosciuto la famiglia Whiteoak vi consiglio di recuperare i volumi precedenti. Buona lettura!

Titolo: Il padrone di Jalna
Autore: Mazo de la Roche
Traduttore: Sabina Terziani
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 14 marzo 2023
Pagine: 414
Prezzo: 19,50 €
Editore: Fazi

Quel tipo di ragazza | Elizabeth Jane Howard

Era il tipo di persona che si sente sempre a un passo dall’avere
una vita in perfetto ordine e che, quando finalmente le sembra
di averlo raggiunto, ha l’impressione che la sua esistenza,
per così dire, ricominci in un modo più dinamico e significativo.
Ordine, per lei, significava avere il tempo e lo spazio per compiere i suoi doveri,
di qualunque genere fossero.
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Lo scorso novembre è tornata in libreria una delle autrici che – chi mi segue da un po’ lo sa – amo di più: Elizabeth Jane Howard, con Quel tipo di ragazza, tradotto sempre dall’ineccepibile Manuela Francescon, sua voce italiana, e pubblicato da Fazi. Io credo di aver incontrato pochi autori che come la Howard siano capaci di indagare l’animo umano e descriverne in modo così semplice e naturale, ma allo stesso tempo profondo e veritiero, i turbamenti, le preoccupazioni e in generale i sentimenti. Da quello che leggo nella scheda del libro, questo romanzo è stato scritto nei primi anni del matrimonio con Kingsley Amis. Di cosa si parla? Si parla di matrimonio e di legami, e della solidità di questi legami: quella apparente e quella reale e sostanziale. Ed Elizabeth Jane Howard di legami nella sua vita ne ha avuti diversi, finiti tutti male proprio per la sua intensità emotiva, il suo buttarsi a capofitto nelle situazioni senza valutarne i rischi o tenere a freno la propria immaginazione impulsiva, tutte cose che però – come riconosce Artemis Cooper nella biografia che le ha dedicato – hanno contribuito a renderla la grande autrice che è diventata, apprezzata in tutto il mondo. Ma entriamo meglio nell’argomento.

Anne ed Edmund Cornhill sono una coppia benestante sulla quarantina, sono sposati da molto tempo e vivono nella loro dimora in campagna vicino Londra, dove lui va sempre a lavorare. Edmund si occupa di questioni immobiliari, Anne invece bada alla casa, cura il giardino, sceglie cosa preparare al marito quando tornerà a casa e si occupa della gatta incinta. Sono felici, hanno una vita che scorre tranquilla senza alti né bassi. Un giorno, la matrigna di Edmund (ex moglie di suo padre) li avvisa che manderà per un periodo da loro la figlia Arabella, avuta con un altro dei suoi tanti mariti, una ragazza un po’ smarrita a cui probabilmente faranno bene la stabilità e la serenità dei Cornhill. Arabella è bellissima; arriva con tantissime valigie piene di abiti bellissimi e firmati e di oggetti pregiati. Anne ed Edmund non hanno figli, quindi sulle prime sentono di doversi prendere cura di lei, di farle momentaneamente da genitori, ma ben presto si rendono conto che la ragazza sconquasserà l’equilibrio che pensavano di avere, in un modo che poi anche per il lettore sarà inaspettato.
Parallela a questa, scorre la storia di Henry, l’uomo con cui Arabella ha rotto la relazione, il motivo per cui la ragazza è ancora turbata e sembra a stento tenersi a galla nella propria vita. Henry ha una moglie, Janet, a cui la Howard dedica una parte di questa storia che però risulta secondaria, forse perché – anche se la loro vita va avanti – rappresenta il passato di Arabella, anche se il presente di Henry. Il trait d’union fra i due matrimoni principali è comunque Arabella.

«Se si vuole descrivere un matrimonio tre sono gli elementi da tenere in considerazione: il marito, la moglie e il matrimonio in sé. Il matrimonio è l’isola su cui i coniugi prendono vita o meno. Elizabeth Jane Howard queste cose le sa; anzi, che sappia tutto? Nei suoi romanzi, il matrimonio tra forma e contenuto sembra perfetto; il divorzio è da escludere. Lei è una di quelle romanziere che con la loro opera ci mostrano a cosa serve il romanzo. Ci consente di vedere quando siamo miopi».

(dall’introduzione di Hilary Mantel)

Come ci fa notare Hilary Mantel a un certo punto della sua introduzione, sarebbe stato troppo semplice se Arabella fosse stata la classica ragazza seduttrice e basta, quella ricca che vive a ruota libera e crede di potersi permettere tutto, anche di prendersi una persona sposata solo perché le va. No, Elizabeth Jane Howard ce la rende piacevole, ce la fa quasi amare, perché possiamo comprendere appieno il suo personaggio e anche parteggiare per lei, rendendoci difficile stabilire un confine fra giusto e sbagliato. Arabella ha delle enormi carenze d’affetto, se sul lato economico non le è mai mancato nulla, e anzi ha avuto molto più di tanti altri, nel corso della sua vita ha visto la madre preoccuparsi più di cambiare marito che di crescere affettuosamente la figlia. Ha vestiti bellissimi, ha oggetti di valore, ma non sa bene cosa sia l’amore, come funzionino gli affetti. Può intraprendere una relazione per noia e stufarsene subito. E lo sa, ne è consapevole, è come se non riuscisse a non essere quella che è. Ed è proprio questo che ce la rende cara, che fa sì che non la odiamo e non la vediamo come elemento disturbatore della quiete familiare dei Cornhill.

«Io in realtà mi sento imprigionata, ma sento anche di avere una libertà totale, terrificante. Posso andare ovunque, fare qualsiasi cosa mi passi per la mente, e non ha nessunissima importanza.»

In Quel tipo di ragazza Elizabeth Jane Howard ci fornisce un ritratto di una felicità apparentemente solida e ci fa riflettere su quanto spesso evitiamo di guardare sotto la superficie delle cose. E in quest’ultimo caso basta un piccolo elemento di “disturbo” o semplicemente qualcosa di imprevisto a stravolgere tutto quello che pensavamo indistruttibile. Come abbiamo già detto, i matrimoni descritti in questo romanzo sono due (anche se uno ha meno spazio dell’altro), e il passaggio di Arabella porterà a epiloghi diversi: c’è chi ne esce totalmente annientato e chi, forse, può imparare a capire che la vita non è semplice come pensiamo e che gli equilibri non sono eterni, ma si possono modificare, nel bene o anche nel male.

Buona lettura!

Titolo: Quel tipo di ragazza
Autore: Elizabeth Jane Howard
Traduttore: Manuela Francescon
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 22 novembre 2022
Pagine: 338
Prezzo: 20 €
Editore: Fazi

In breve | Gioventù (Trilogia di Copenaghen vol. 2) | Tove Ditlevsen

Davanti a tutte queste cose permanenti e invariabili,
mi rendo conto di detestare i mutamenti.
È difficile restare tutti d’un pezzo,
quando le cose che si hanno intorno cambiano faccia.

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Lo scorso ottobre è arrivato in libreria per Fazi il secondo volume della trilogia danese autobiografica di Tove Ditlevsen, Gioventù (trad. Alessandro Storti), un romanzo che, dopo Infanzia, racconta la seconda stagione della vita dell’autrice. Se nel capitolo precedente avevamo lasciato Tove che, bambina, scopriva le proprie inclinazioni e faceva chiarezza sui suoi sogni, adesso la ritroviamo ragazzina, impegnata a mettersi alla prova in diversi modi. Ha dovuto lasciare la scuola prima del tempo, vorrebbe dedicarsi completamente alla poesia, ma deve guadagnarsi da vivere, e lo farà con vari lavori precari e spesso mal pagati. Ma è un’adolescente, sta scoprendo il mondo, la vita, l’amore, le relazioni. Desidera ardentemente l’indipendenza, vuole riuscire a pubblicare un suo libro di poesie ed è molto determinata. Sullo sfondo, le vicende della fine della prima metà del Novecento, ascoltate da una radio o tramite le parole di una padrona di casa nazista che vorrebbe coinvolgere Tove nel suo gruppo di simpatizzanti per il regime che sembra lontano (ma non troppo), lì in Germania.

La gioventù della protagonista – e autrice – è un momento di passaggio, e per questo molto importante, in cui lei non è più bambina ma non è ancora donna. Ditlevsen ci regala un ritratto veritiero di una giovane ragazza che non può fare a meno di confrontarsi con gli altri, nello specifico con le donne (la madre), per capire chi vuole diventare, cosa vuole essere. Cerca di barcamenarsi in quell’età che non è ancora adulta. Come funzionano le relazioni? Cosa succede quando si esce insieme, ci si fidanza? E poi? E quel senso di inadeguatezza che la accompagna sempre, quella patina di ignoranza che non riesce proprio a togliersi di dosso. Insomma, tutto cambia, ma lei cercherà di mantenere chiaro il suo scopo: realizzare il proprio libro di poesie e riuscire a sfondare nel campo letterario.

Buona lettura!

Titolo: Gioventù
Autore: Tove Ditlevsen
Traduttore: Alessandro Storti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 4 ottobre 2022
Pagine: 168
Prezzo: 15 €
Editore: Fazi


Tove Ditlevsen – È stata una celebrata poetessa e romanziera danese. I suoi libri autobiografici, InfanziaGioventù e Dipendenza, compongono la trilogia di Copenaghen. In queste pagine, con una chiarezza e una sincerità cristalline, l’autrice racconta la sua vita tormentata: eterna outsider del mondo letterario, quattro matrimoni e quattro divorzi alle spalle, per tutta la sua vita adulta ha avuto problemi di dipendenza da alcol e droghe ed è morta suicida nel 1976.