Quel tipo di ragazza | Elizabeth Jane Howard

Era il tipo di persona che si sente sempre a un passo dall’avere
una vita in perfetto ordine e che, quando finalmente le sembra
di averlo raggiunto, ha l’impressione che la sua esistenza,
per così dire, ricominci in un modo più dinamico e significativo.
Ordine, per lei, significava avere il tempo e lo spazio per compiere i suoi doveri,
di qualunque genere fossero.
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Lo scorso novembre è tornata in libreria una delle autrici che – chi mi segue da un po’ lo sa – amo di più: Elizabeth Jane Howard, con Quel tipo di ragazza, tradotto sempre dall’ineccepibile Manuela Francescon, sua voce italiana, e pubblicato da Fazi. Io credo di aver incontrato pochi autori che come la Howard siano capaci di indagare l’animo umano e descriverne in modo così semplice e naturale, ma allo stesso tempo profondo e veritiero, i turbamenti, le preoccupazioni e in generale i sentimenti. Da quello che leggo nella scheda del libro, questo romanzo è stato scritto nei primi anni del matrimonio con Kingsley Amis. Di cosa si parla? Si parla di matrimonio e di legami, e della solidità di questi legami: quella apparente e quella reale e sostanziale. Ed Elizabeth Jane Howard di legami nella sua vita ne ha avuti diversi, finiti tutti male proprio per la sua intensità emotiva, il suo buttarsi a capofitto nelle situazioni senza valutarne i rischi o tenere a freno la propria immaginazione impulsiva, tutte cose che però – come riconosce Artemis Cooper nella biografia che le ha dedicato – hanno contribuito a renderla la grande autrice che è diventata, apprezzata in tutto il mondo. Ma entriamo meglio nell’argomento.

Anne ed Edmund Cornhill sono una coppia benestante sulla quarantina, sono sposati da molto tempo e vivono nella loro dimora in campagna vicino Londra, dove lui va sempre a lavorare. Edmund si occupa di questioni immobiliari, Anne invece bada alla casa, cura il giardino, sceglie cosa preparare al marito quando tornerà a casa e si occupa della gatta incinta. Sono felici, hanno una vita che scorre tranquilla senza alti né bassi. Un giorno, la matrigna di Edmund (ex moglie di suo padre) li avvisa che manderà per un periodo da loro la figlia Arabella, avuta con un altro dei suoi tanti mariti, una ragazza un po’ smarrita a cui probabilmente faranno bene la stabilità e la serenità dei Cornhill. Arabella è bellissima; arriva con tantissime valigie piene di abiti bellissimi e firmati e di oggetti pregiati. Anne ed Edmund non hanno figli, quindi sulle prime sentono di doversi prendere cura di lei, di farle momentaneamente da genitori, ma ben presto si rendono conto che la ragazza sconquasserà l’equilibrio che pensavano di avere, in un modo che poi anche per il lettore sarà inaspettato.
Parallela a questa, scorre la storia di Henry, l’uomo con cui Arabella ha rotto la relazione, il motivo per cui la ragazza è ancora turbata e sembra a stento tenersi a galla nella propria vita. Henry ha una moglie, Janet, a cui la Howard dedica una parte di questa storia che però risulta secondaria, forse perché – anche se la loro vita va avanti – rappresenta il passato di Arabella, anche se il presente di Henry. Il trait d’union fra i due matrimoni principali è comunque Arabella.

«Se si vuole descrivere un matrimonio tre sono gli elementi da tenere in considerazione: il marito, la moglie e il matrimonio in sé. Il matrimonio è l’isola su cui i coniugi prendono vita o meno. Elizabeth Jane Howard queste cose le sa; anzi, che sappia tutto? Nei suoi romanzi, il matrimonio tra forma e contenuto sembra perfetto; il divorzio è da escludere. Lei è una di quelle romanziere che con la loro opera ci mostrano a cosa serve il romanzo. Ci consente di vedere quando siamo miopi».

(dall’introduzione di Hilary Mantel)

Come ci fa notare Hilary Mantel a un certo punto della sua introduzione, sarebbe stato troppo semplice se Arabella fosse stata la classica ragazza seduttrice e basta, quella ricca che vive a ruota libera e crede di potersi permettere tutto, anche di prendersi una persona sposata solo perché le va. No, Elizabeth Jane Howard ce la rende piacevole, ce la fa quasi amare, perché possiamo comprendere appieno il suo personaggio e anche parteggiare per lei, rendendoci difficile stabilire un confine fra giusto e sbagliato. Arabella ha delle enormi carenze d’affetto, se sul lato economico non le è mai mancato nulla, e anzi ha avuto molto più di tanti altri, nel corso della sua vita ha visto la madre preoccuparsi più di cambiare marito che di crescere affettuosamente la figlia. Ha vestiti bellissimi, ha oggetti di valore, ma non sa bene cosa sia l’amore, come funzionino gli affetti. Può intraprendere una relazione per noia e stufarsene subito. E lo sa, ne è consapevole, è come se non riuscisse a non essere quella che è. Ed è proprio questo che ce la rende cara, che fa sì che non la odiamo e non la vediamo come elemento disturbatore della quiete familiare dei Cornhill.

«Io in realtà mi sento imprigionata, ma sento anche di avere una libertà totale, terrificante. Posso andare ovunque, fare qualsiasi cosa mi passi per la mente, e non ha nessunissima importanza.»

In Quel tipo di ragazza Elizabeth Jane Howard ci fornisce un ritratto di una felicità apparentemente solida e ci fa riflettere su quanto spesso evitiamo di guardare sotto la superficie delle cose. E in quest’ultimo caso basta un piccolo elemento di “disturbo” o semplicemente qualcosa di imprevisto a stravolgere tutto quello che pensavamo indistruttibile. Come abbiamo già detto, i matrimoni descritti in questo romanzo sono due (anche se uno ha meno spazio dell’altro), e il passaggio di Arabella porterà a epiloghi diversi: c’è chi ne esce totalmente annientato e chi, forse, può imparare a capire che la vita non è semplice come pensiamo e che gli equilibri non sono eterni, ma si possono modificare, nel bene o anche nel male.

Buona lettura!

Titolo: Quel tipo di ragazza
Autore: Elizabeth Jane Howard
Traduttore: Manuela Francescon
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 22 novembre 2022
Pagine: 338
Prezzo: 20 €
Editore: Fazi

La ragazza giusta | Elizabeth Jane Howard

Nella sua testa non faceva che fantasticare di una vita avventurosa,
in un suo mondo di sogno dove avvenivano cose meravigliose,
e quando una cosa nuova accadeva davvero, nella vita reale,
lui si comportava come se fosse un possibile disastro
che andava evitato in tutti i modi.
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Lo scorso undici novembre è tornata in libreria una delle autrici che, come sapete, amo di più: Elizabeth Jane Howard. Fazi ha pubblicato, sempre con la voce italiana di Manuela Francescon, La ragazza giusta, un romanzo uscito in originale nel 1982 con il titolo Getting it right. È una storia che, com’era prevedibile, mi è piaciuta molto non solo per il modo che questa scrittrice aveva di sondare l’animo dei suoi personaggi, di capire e descrivere esattamente cosa accadesse nei loro cuori, ma soprattutto per il tema principale: cercare qualcosa e non rendersi conto di averla sempre avuta sotto il naso.

Siamo nella Londra di fine anni Settanta. Gavin è un parrucchiere di trentun anni che vive con i genitori (la sorella si è sposata e vive col marito e i figli) e non ha mai conosciuto l’amore. In effetti non è uno che si accontenta facilmente e vuole l’amore con la A maiuscola, la persona perfetta. Il problema è che non è che conosca così tante ragazze, e non fa nemmeno una vita così movimentata; al lavoro gli girano intorno moltissime donne diverse, ma lui è un ragazzo timido e sensibile e se con quelle è estroverso e amabile, con quelle che gli piacciono sul serio si blocca. Motivo per cui la sorella cerca di spingergli addosso Muriel, una ragazza abbastanza fastidiosa che va a farsi sistemare i capelli e tenta di rimanergli appiccicata. Ma una sera il suo amico Harry lo invita ad andare insieme a una festa e Gavin, incuriosito, accetta. Lì conosce la padrona di casa, Joan, una donna affascinante e più grande di lui da cui rimarrà ammaliato, e Minerva, una ragazza magrolina e un po’ strana che prima si autoinvita a dormire a casa sua e poi cerca di tirarlo nella sua rete di menzogne e problemi.

Mentre Joan è una donna adulta con la sua vita e il suo unico problema è il marito che non sembra ricambiare il suo amore (anzi!), Minnie è abbandonata a se stessa, la famiglia la trascura, non le ha mai rivolto affetto e non cerca nemmeno di aiutarla nelle sue difficoltà. Minnie ha bisogno di attenzioni e le cercherà da lui. Conosciute queste due donne praticamente opposte, Gavin vorrebbe comprendere meglio la prima e aiutare la seconda – anche se imparerà che non possiamo sempre salvare tutti – ma nel frattempo si accorge di qualcuno che è sempre stato vicino a lui: Jenny, l’apprendista che lavora da tre anni nel suo stesso salone. Come mai non si è mai accorto di lei? Come mai non sono mai andati oltre i saluti e la comunicazione prettamente lavorativa?

Ma quella nata dalla penna della Howard non è solo la storia di un ragazzo ormai adulto che vive con i genitori e non si è lanciato nella vita vera, ma anche una bella critica non troppo celata della società inglese di quel periodo con tutte le sue ipocrisie e contraddizioni. Gavin, che entra in contatto con un enorme campionario di donne diverse e più o meno benestanti, conosce tutte le loro manie, i loro “problemi”, i loro pensieri bigotti, ma lui stesso è un prodotto di quella società che spesso critica così tanto. Si accorge di essere intrappolato anche lui nelle convinzioni di tanti, soprattutto quelle di sua madre, una donna il cui unico pensiero è quello di cucinare, pulire, rassettare e curare le apparenze. Gavin non potrebbe invitare una ragazza a casa anche solo per sentire della musica, magari in camera sua, perché altrimenti cosa bisognerebbe pensare? E non potrebbe fare tantissime altre cose del genere. A meno che non sia una lady e per la nobiltà i codici di comportamento sarebbero diversissimi.

«Non credi che il concetto di “persona giusta” sia relativo? Tu pensi che un giorno arriverà la persona perfetta, e allora sarà fatta! ma non arriverà. E se arriverà, non sarà così per sempre. Nessuno resta com’è. Puoi sperare al massimo che decida di muoversi nella tua stessa direzione».

È per questo che notiamo che la sua “evoluzione”, se così possiamo chiamarla, comincia proprio quando alla festa a cui lo ha portato il suo migliore amico conosce Joan e Minerva e il suo mondo viene completamente sconvolto. Sono delle figure che forse gli permetteranno di aprire gli occhi e di essere pronto per ciò che verrà dopo, quando magari si renderà conto che in fondo la perfezione non esiste e che le persone non possono rispondere a tutti i requisiti che abbiamo nella nostra testa, ma che il vero fascino molto spesso sta nell’essere imperfetti e sì, anche un po’ fragili.

Apprendo che da questo romanzo è stato tratto un film del 1989, Senza nessun timore, diretto da Randal Kleiser con Helena Bonham Carter nei panni di Minerva. Io cercherò di recuperarlo perché la storia è molto bella e a tratti anche ironica grazie a determinate figure che sono delle vere e proprie caricature, personaggi estremizzati proprio per rendere più veritiera la crescita del protagonista.

Buona lettura!

Titolo: La ragazza giusta
Autore: Elizabeth Jane Howard
Traduttore: Manuela Francescon
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 11 novembre 2021
Pagine: 406
Prezzo: 20 €
Editore: Fazi

Il lupo | Garry Marvin

Il destino del lupo è sempre stato quello di essere una creatura
troppo maestosa e possente perché l’uomo potesse ignorarlo:
il suo futuro dipende oggi dal tipo di attenzione
che gli uomini vorranno riservargli.

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La collana Animalìa di Nottetempo l’ho scoperta solo qualche mese fa, quando, proprio per la mia passione per la saggistica su natura e animali, mi è stato consigliato di leggere Il falco di Helen Macdonald, naturalista e scrittrice britannica che seguo volentieri anche su Twitter. Quel libro mi era piaciuto molto e tra l’altro mi ha fatto conoscere la collana in cui è inserito, che raccoglie – come leggiamo sulla bandella – «monografie agili, divulgative e con un ricco apparato iconografico». Si tratta di saggi molto interessanti in cui un autore si dedica in particolare a un animale raccontandolo con un approccio multidisciplinare, cioè, non fermandosi al punto di vista della storia naturale, ma parlando al lettore di come quell’animale sia stato visto nella storia, di quale impatto ha avuto sul mondo artistico, letterario, mitologico e, più in generale, culturale. Ecco che, infatti, quando il 26 agosto scorso è uscito Il lupo di Garry Marvin (nella traduzione di Anna Rusconi), sono stata subito curiosissima di leggerlo, anche perché il lupo è proprio uno degli animali che mi affascinano di più.

Nel primo capitolo Marvin ci racconta l’animale lupo, un parente del cane che, però, non si è lasciato addomesticare e, anzi, ha conservato la sua natura indipendente e selvaggia. Conosciamo un animale furbo, sempre all’erta e organizzato, che intorno a una coppia di riproduzione sviluppa un vero e proprio clan con delle gerarchie e delle regole che non bisogna mai infrangere; scopriamo come caccia, come si occupa dei cuccioli, come cuminica, come vive e anche come muore. Nei capitoli successivi, invece, si passa ad analizzare meglio i due volti che il lupo ha assunto nel tempo nell’immaginario collettivo: se da una parte si è sempre fatto temere dagli uomini (soprattutto nel mondo occidentale) perché distruggeva gli allevamenti e faceva irruzione nelle fattorie e quindi è stato demonizzato e visto come il simbolo di malvagità e cattiveria, dall’altra, invece, è stato spesso ammirato per la sua fierezza, per l’indomabilità e la forza che lo contraddistinguono.

Ovviamente, nel primo caso l’odio e la paura nei suoi confronti hanno portato alla nascita di leggende, non solo su lupi cattivissimi responsabili di uccisioni e catastrofi per la maggior parte spesso mai avvenute, ma anche su esseri che non erano né uomo né lupo e, allo stesso tempo, entrambe le cose, come i licantropi, a cui poi l’industria cinematografica si è ispirata per la nascita di un filone su questi terribili mostri. Tutto ciò ha condotto anche alla quasi totale sparizione di questo animale da Europa, America (a parte, a quanto sembra, Alaska e parte del Minnesota), Giappone e Russia a causa delle campagne di abbattimento dei lupi perpetrate in questi Paesi proprio perché minacciavano le attività dell’uomo, più che l’uomo stesso. Campagne che sono state anche molto crudeli (gli sterminatori si facevano scattare fotografie accanto a lupi martoriati e torturati) e in cui i cacciatori erano proprio sul libro paga dello stato.

Al centro dei conflitti tra uomo e lupo non c’è però semplicemente la questione se permettere o meno a un animale selvatico di condurre indisturbato la propria esistenza: qui l’animale in questione è il “lupo”, una creatura che continua a portare su di sé il peso di un’immagine tutta culturale. Perché, oltre a essere un animale in carne e ossa con le sue abitudini di vita, è altresì il risultato e la proiezione umana di istanze morali, sociali, economiche, politiche, estetiche ed emotive. E proprio queste istanze continueranno a decidere, come è accaduto per secoli, del diritto di sopravvivenza dei lupi, nonché delle modalità e degli spazi della loro esistenza.

Quando più di recente ci si è accorti che era diventato una specie a rischio, sono partite altrettante campagne in senso opposto: si è cercato di ripopolare gli spazi che da sempre appartenevano al lupo, creare parchi per la tutela della sua vita, dei luoghi dove potesse prosperare indisturbato senza che tornasse l’uomo a minacciarlo. Un ruolo molto importante in questo dietrofront lo hanno avuto nuovi studi che lo hanno proposto come animale con dei precisi codici e comportamenti da preservare, e non semplicemente come belva da temere, da combattere e da abbattere. Da qui, esattamente com’era accaduto all’opposto quando è stato demonizzato, la nascita di leggende e figure di lupi buoni che hanno pervaso la letteratura e l’arte. Pensiamo ai bambini cresciuti dai lupi: se ne raccontano diversi casi in India, per esempio, dove due Kipling (prima il padre e poi il figlio) hanno ambientato gran parte dei propri scritti; o ancora al cinema, dove in un film famosissimo un certo John Dunbar viene soprannominato Balla coi lupi perché prende confidenza con il lupo Due Calzini con cui fa anche una danza solitaria attorno al fuoco. O ancora lo scoutismo e le gerarchie dei lupetti.

Ma questa è solo una piccola parte di ciò che si trova in questo libro molto affascinante e pieno di fotografie e illustrazioni su questo animale magnifico, molte delle quali a colori. Se come me avete una grande passione per la natura e gli animali, vi consiglio di leggerlo e addirittura recuperare gli altri volumi, perché li trovo ben strutturati e godibili. E poi, una cosa che mi ha stupito molto è che, per tutte le fotografie presenti nel libro (qui ce ne sono 93, di cui 63 a colori), il prezzo è anche contenuto.

Buona lettura!

Titolo: Il lupo
Autore: Garry Marvin
Traduttore: Anna Rusconi
Genere: Saggistica
Data di pubblicazione: 26 agosto 2021
Pagine: 256
Prezzo: 18 €
Editore: Nottetempo


Garry Marvin è docente di Human-Animal Studies all’Università di Roehampton, a Londra. Tra i suoi ultimi libri, segnaliamo Handbook of Human-Animal Studies(con Susan McHugh, Routledge, 2014) e Human-Animal Studies: Global Perspectives (con Susan McHugh, Routledge, 2018). Insieme a Rebecca Cassidy cura una nuova collana di Routledge sullo studio delle relazioni tra uomo e animale, intitolata “MultiSpecies Anthropology: New Ethnographies”.

Mai guardarsi indietro (Lo specchio nel buio vol. 3) | Margaret Storm Jameson

Succeda quel che succeda,
voglio vivere semplicemente per sentirmi viva.

 

Lo scorso giovedì è arrivato in libreria l’ultimo capitolo della trilogia de Lo specchio nel buio di Margaret Storm Jameson, tradotto per Fazi sempre da Velia Februari. In Amore a prima vista, la nostra protagonista Hervey Russell si era innamorata del cugino Nicholas Roxby e aveva penato tanto a causa di questo sentimento (lui sembrava sfuggente e a tratti poco determinato a prendere decisioni per vivere quell’amore); adesso, in Mai guardarsi indietro, la ritroviamo sposata con lui e finalmente felice. Ma la felicità, si sa, non dura mai troppo. Infatti, nonostante Hervey sembri finalmente avere tutto ciò che desidera, ha scoperto da un po’ che i suoi sospetti erano fondati e che quel dolore che stava sopportando già da diversi anni altro non è che un tumore all’utero. Inizia, quindi, un conto alla rovescia: fra sei giorni Hervey verrà operata, il cancro verrà rimosso, e lei cerca in tutti i modi di mostrarsi forte. In realtà lei lo è, lo è sempre stata, come abbiamo visto nei due capitoli precedenti di questa saga, è sempre stata una donna che ha lottato con tutte le sue energie per chi amava e per ciò che desiderava, ma adesso sta per sottoporsi a un’operazione che può mettere a dura prova la sua salute e la sua stessa vita. È una grande incognita, anche se ha accanto il marito amorevole e uno dei suoi più vecchi amici a darle conforto.

In più in quel periodo (siamo nel 1926) in Gran Bretagna si sta organizzando lo sciopero generale e Hervey sembra avere un ruolo molto importante nella pianificazione di questa manifestazione che permetterà ai cittadini di chiedere quelle riforme di cui lo Stato ha bisogno per aiutare il suo popolo. In questo clima, la sua attività di scrittrice, ciò per cui si era impegnata moltissimo, sembra essere stata accantonata, ma lei stessa si rende conto che i romanzi che ha scritto in precedenza non erano buoni, erano la traduzione in parole di uno stato d’animo che forse non le appartiene più, insieme alla narrazione di tempi che ormai sono cambiati. E se ne accorge grazie alla nuova vita che sta conducendo, con un marito che la ama davvero (non è più sola e non ha più Penn, il primo marito che le ha dato solo incertezze) e  che ha un lavoro sicuro nel settore dell’antiquariato, un figlio sempre con lei e non più affidato ad altri, e un’attività più profonda in politica.

Ho fatto tutto da sola, gemette; non avevo soldi e nessun uomo mi ha aiutato: sono stata io, solo io, ad aver dato un nome, una reputazione, un posto a Hervey Russell. (…) Questa è Hervey Russell, la giovane Hervey che fu; l’ho creata dal nulla, ho vissuto, lavorato e sopportato per darle vita.

Hervey a questo punto della sua vita ha solo trentadue anni, ma la vita l’ha costretta ad affrontare molte prove che l’hanno fatta crescere molto velocemente. Da Company Parade a qui ha fatto tanta strada: ha rinunciato a un marito che non le dava ciò che voleva, si è messa a lavorare e si è mantenuta da sola, si è emancipata e si è creata un posto nel mondo. Però forse il momento più difficile per lei è proprio l’operazione a cui va incontro, scandita dal succedersi dei capitoli che Margaret Storm Jameson trasforma in un conto alla rovescia. Ma, seppur in cattive condizioni di salute, la protagonista continua comunque a occuparsi di ciò che le è sempre stato a cuore e lo fa con grande forza e determinazione. La questione del lavoro – oltre che il femminismo, di cui è stata una grande esponente l’autrice stessa, che avevamo definito “la donna dei primati” – ha un’importanza enorme, per questo vuole mettersi al fianco dei lavoratori e di gente proveniente da ogni realtà che si unisce per uno scopo comune.

Ci sono moltissimi personaggi maschili in questa storia e Hervey riesce comunque a metterli tutti in ombra, nonostante non intervenga di continuo nelle scene e, anzi, sia molto spesso lontana da loro per via della malattia e dei preparativi per il ricovero. Lei stessa sa che il suo ruolo è importante per ciò che verrà dopo, per tutte le battaglie che ci sono da combattere per i lavoratori e soprattutto per le donne del futuro. Anche per noi.

Buona lettura!

Titolo: Mai guardarsi indietro
Autore: Margaret Storm Jameson
Traduttore: Velia Februari
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 11 marzo 2021
Pagine: 350
Prezzo: 18,50 €
Editore: Fazi


Margaret Storm Jameson – Nata in una famiglia di costruttori navali, è stata una giornalista e scrittrice inglese. Nel 1919, a Londra, lavorò per un anno come copywriter per una grande agenzia pubblicitaria. Tra il 1923 e il 1925 fu la rappresentante in Inghilterra dell’editore americano Alfred A. Knopf. Suffragetta e femminista, nel 1939 è diventata la prima donna presidente della British section of International PEN. Liberale e antinazista, nel 1952 firmò l’introduzione all’edizione inglese del Diario di Anna Frank. Nel 1952 venne inoltre insignita del ruolo di delegata dell’UNESCO Congress of the Arts. È stata un’autrice molto prolifica, tra romanzi, racconti, saggi letterari e critici, e un’autobiografia in due volumi. Fazi Editore ha pubblicato Company Parade eAmore a prima vista, i primi due capitoli della trilogia Lo specchio nel buio.