“La solitudine del lupo” di Jodi Picoult

Quando sei un lupo,
vivi ogni giorno come se fosse l’unico che hai.

 

La solitudine del lupo_Sovra.inddHo sempre avuto un debole per le storie che ruotano intorno al mondo degli animali, amo da sempre i gatti ma da un po’ di tempo ho scoperto che ad affascinarmi tantissimo ci sono anche i lupi. Ciò che m’intriga è il loro modo di organizzarsi nel branco, le gerarchie, la loro lealtà ma anche il fatto che raramente siano disposti a perdonare chi sbaglia. Quando è uscito La solitudine del lupo, l’anno scorso, l’ho subito preso e messo da parte in attesa di trovare il mio momento (mentale) giusto per poterlo leggere. Questo romanzo dell’americana Jodi Picoult per certi versi è parecchio interessanti, per altri meno, e non so se consigliarvelo come lettura estiva perché onestamente non so cosa ognuno di noi possa intendere per “lettura sotto l’ombrellone”. Questo è un libro semplice, scorrevole, ma parecchio drammatico, quindi vedete un po’ voi. Però parliamone un po’ meglio.

Luke Warren è un naturalista che ha da sempre un grande amore per i lupi, ha imparato a conoscerli, a capirli ed è riuscito anche a farsi ammettere in qualche branco. Lavora in una riserva dove i lupi lo considerano uno di loro. Vive con la figlia Cara, avuta dal suo matrimonio fallito con Georgie, la quale poi si è risposata con un altro uomo e ha avuto due gemelli. Un giorno Cara, da una festa a cui non vuole rimanere, chiama suo padre e gli chiede di venirla a prendere, ma tornando verso casa i due hanno un grave incidente: lei si rompe un braccio ma Luke va in coma e non si risveglia. Cara ha solo 17 anni, Georgie (che viene chiamata subito in ospedale) non è più un membro della famiglia, almeno per Luke, e quindi nessuna delle due può prendere decisioni per l’uomo, così chiamano Edward, l’altro figlio, più grande di Cara, che però anni prima è andato via di casa senza dire niente a nessuno, ufficialmente dopo una lite col padre, e adesso vive in Thailandia. Il problema è che nemmeno lui sembra avere il diritto di prendere la decisione di tenere Luke in vita o liberarlo dal quel coma che sembra irreversibile staccando la spina, perché non vive più con la famiglia da tempo, se ne è completamente disinteressato. Da lì comincia una serie di litigi con Cara, si arriva perfino alle vie legali e secondo me la Picoult allunga troppo il brodo. Ovviamente alla fine arriveranno a prendere una decisione, ma nel frattempo emergono tante verità che sembravano sepolte.

Sono i personaggi stessi, in questo libro, a raccontare la storia: ogni capitolo è narrato in prima persona da ognuno di loro. Ma, a differenza di tutti gli altri, i capitoli di Luke, contraddistinti da una scrittura in corsivo, si concentrano sul passato e sulla descrizioni delle abitudini dei lupi. Io, ad esempio, ho scoperto un sacco di cose interessanti, come il fatto che ad ogni membro del branco spetta una parte diversa di una carcassa quando si mangia e chi sbaglia paga, oppure che ogni membro ha una funzione ben definita, dall’alfa, al beta, dalle bambinaie al tester (che sarebbe il lupo che fa una sorta di provino al lupo esterno che vuole essere ammesso in un branco). Queste notizie, che si riferiscono ai lupi, sembrano descrivere, però, anche Luke, che ormai è quasi a tutti gli effetti uno di loro. I familiari, per prendere una decisioni, fanno sempre riferimento a ciò che lui vorrebbe non in quanto persona, ma in quanto lupo: vorrebbe una vita da vegetale o vorrebbe essere sacrificato, sapendo di non poter essere più utile al suo branco (ovvero la famiglia)?

La vera forza di un lupo non sta nelle sue tremende mandibole, che possono stringere con una pressione di oltre cento chili per centimetro quadrato. La vera forza di un lupo sta nell’avere quella capacità e sapere quando non usarla.

Ne La solitudine del lupo, personalmente, ho visto un libro piacevole e veloce da leggere, ma nulla di eccelso. Personalmente preferisco qualcosa di più consistente, ma magari può essere un’ottima lettura per chi vuole distrarsi da altre cose. Credo che la Picoult allunghi troppo il brodo sulla lotta all’ultimo sangue tra Cara ed Edward e che in molti punti la storia diventi davvero poco verosimile (una ragazzina che va da un procuratore e riesce a farsi ascoltare e appoggiare contro suo fratello che vuole togliere la spina ai macchinari che tengono in vita il padre sa tanto di americanata). Se ci facessero un film sarebbe un successone, penso. Chissà! Il romanzo, però, a me è sembrato così così, mi ha dato l’idea di qualcosa che vorrebbe essere profondo, drammatico e forte, ma che in realtà qualche volta appare banalotto e non regala particolari emozioni. Tolte le belle parti sui lupi, beninteso. È uno di quei libri di cui si suol dire “non mi è dispiaciuto, ma non mi ha entusiasmato”.
Non so se deciderete di leggerlo ma, in ogni caso, buona lettura!

Titolo: La solitudine del lupo
Autore: Jodi Picoult
Traduttore: Lucia Corradini Caspani
Genere:
 Romanzo
Anno di pubblicazione:
 2012 (2015 questa edizione)
Prezzo: 18,60 €
Editore: Corbaccio

Giudizio personale: spienaspienasvuotasvuotasvuota

“99 rimostranze a Dio” di AA. VV.

Qualche settimana fa sono venuta a conoscenza di una nuova casa editrice, la Ottolibri, nata ad ottobre. La responsabile editoriale (e autrice), Eva Clesis, mi ha presentato questa nuova realtà editoriale, e quando quando qualcuno fa le cose con serietà, tanto di cappello. Essere seri, in questo ambito, equivale (almeno per me e almeno in parte) a non rubare soldi alle persone; Ottolibri infatti non pubblica a pagamento e offre, in particolare, agli esordienti «una possibilità di pubblicazione in digitale e in edizione limitata», come Eva stessa mi ha spiegato.

copertina rimostranzePer conoscere meglio ciò di cui stiamo parlando ho avuto a disposizione due testi. Per adesso ho potuto leggerne solo uno (sapete quelle scalette che i lettori voraci come me si fanno e s’impongono di rispettare, no?), che è 99 rimostranze a Dio, una raccolta, curata dalla responsabile editoriale, in cui ben 101 autori s’impegnano a scrivere una lamentela al Padreterno. Tra questi autori, per farvi un esempio, ce ne sono due di cui abbiamo già parlato tempo fa, Luca Fadda e Angelo Orlando Meloni.
L’idea è nata, come spiega la Clesis nelle pagine di presentazione, quando una sera si stava truccando e forse per un cattivo movimento lo spazzolino del mascara le è finito nell’occhio; allora, rivolgendosi al Padreterno, ha pensato:

Perché? Perché, per ogni cosa che faccio, vengono fuori decine e decine di problemi annessi e connessi? La mia vita sembra una barchetta nel mare in tempesta: per quanto io cerchi di trovare soluzioni creative per rimanere a galla, ognuna di esse apre magicamente nuove falle e via così. Ma soprattutto: perché ficcarmi lo scovolino del mascara nell’occhio? Era quasi mezzanotte, uscivo in autunno per una passeggiata notturna, tra saracinesche abbassate e strade deserte: truccarsi per chi?

Questo pensiero le ha fatto venire un’idea che secondo me è molto carina e che l’ha portata a contattare i vari autori, che non sono tutti scrittori professionisti. Tra loro troviamo, infatti, blogger, giornalisti, attori, sceneggiatori e tante altre personalità. In più, il progetto prevede che con i soldi della vendita di questa antologia si finanzi il lavoro di traduzione di almeno un’opera, un testo inglese.
Quello che ne è venuto fuori è un libro molto vario al suo interno, in quanto gli autori sono tutti diversi e si rivolgono a Dio in modo del tutto personale. C’è chi gli scrive in modo più formale, quasi con tono burocratico, e chi gli parla come se fosse un amico d’infanzia; c’è chi si lamenta della fame del mondo o di problemi seri e chi non riesce a capire perché il Padreterno abbia attribuito così tante calorie alla cioccolata piuttosto che alle verdure. Ognuno di noi, insomma, ha un motivo diverso per lamentarsi di qualcosa che nella propria vita lo disturba.
Per darvi un’idea di cosa andrete a leggere, qualora voleste acquistare il libro, vi lascio qui la rimostranza n. 31, che è forse quella che mi è piaciuta di più, anche perché credo sia un problema di tutti. Anzi di tutte, noi donne.

(RIMOSTRANZA n. 31)

Buongiorno,
è con sommo dispiacere che devo lamentarmi del servizio offerto dalla vs. spettabile società.
Sebbene siano stati promessi, in fase di creazione, ogni sorta di pari opportunità, vantaggi a zero problemi e soprattutto equità nella qualità dei prodotti creati, mi trovo totalmente in disaccordo su alcune scelte da voi attuate.
Trovo infatti deplorevole e scandalosa l’idea di attribuire al sedano 15 kcal per etto contro le oltre 500 affibbiate alla cioccolata! Ciò è profondamente ingiusto e deleterio in quanto provoca, negli acquirenti ignari, tragici effetti ponderali non facilmente risolvibili!
Tra l’altro, mi duole riscontrare che i vs. prodotti, specialmente quelli a più alto tasso calorico, provocano dipendenza e assuefazione! Questa è una truffa bell’e buona! Sarebbe stato eticamente più corretto, qualora non fosse riuscito a distribuire più equamente le calorie (ma Chi ve lo avrebbe impedito?), evidenziare i prodotti più calorici con frasi demotivanti, del tipo “Mangiare
responsabilmente” o “Nuoce gravemente al girovita”.
Vista l’evidente malafede delle vostre azioni, chiedo il rimborso di tutti i chili accumulati negli anni con l’applicazione dei relativi interessi di mora.
In attesa di un vs. sollecito riscontro, si porgono distinti saluti.

Cuore di Ciccia

E voi? Che rimostranza fareste a Dio?

Titolo: 99 rimostranze a Dio
Autore:
AA. VV., a cura di Eva Clesis
Genere: 
Narrativa
Anno di pubblicazione:
 2013
Pagine: 187
Prezzo: 5 €
Editore: Ottolibri

Giudizio personale: spienaspienaspienasmezzasvuota

“Marina Bellezza” di Silvia Avallone

Dopo aver letto Acciaio mi sono innamorata del modo di scrivere di questa autrice che non solo scrive in un ottimo italiano (quindi complimenti a lei e ad eventuali editor), ma ha la caratteristica di cambiare linguaggio a seconda del personaggio di cui sta parlando, facendoci entrare completamente nei suoi romanzi. Per questo, a poche settimane dalla pubblicazione, ho fatto fuori il suo nuovo romanzo, Marina Bellezza, che avrei potuto finire prima ma tra l’estrazione di un dente, l’organizzazione di un viaggio, l’acquisto di un frigorifero, e tante altre cose, ho iniziato un po’ lentamente per concludere con la bellezza di 150 pagine al giorno. La cosa che mi colpisce, comunque, è che io, amante dei classici e della letteratura di un tempo, mi sia completamente lasciata trasportare da una scrittrice così giovane (è nata nel 1984).

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L’imperfezione della vita è il cuore della vita stessa, e scava, lavora implacabile dall’interno, si frappone fra noi e la nostra volontà, divora come il torrente.

(pag. 507)

Ora, se ho detto che mi piace molto come scrive non significa che per forza debbano piacermi i personaggi. In fondo un libro, secondo me, si basa sulla storia e non dobbiamo necessariamente amare chi la fa. La protagonista, infatti, Marina Bellezza, è una ragazza che dall’inizio del romanzo mi è diventata antipatica per la sua voglia di sfondare nel mondo dello spettacolo a tutti i costi. Lei ha solo 22 anni, è bellissima – lo dice il nome stesso – e ha una voce meravigliosa. Vuole fare la cantante e sembra che non gliene freghi niente di tutto il resto. Andrea Caucino, invece, è un giovane di 27 anni che è stato diversi anni insieme a Marina; lei poi lo ha lasciato andandosene via, ma all’inizio della vicenda s’incontrano di nuovo e danno vita ad uno strano tira e molla. Perchè? Innanzitutto perchè hanno due caratteri diversi: lei vuole il successo, vuole andare avanti, lui invece vuole tornare indietro al mestiere di suo nonno, il margaro, vuole mungere le mucche, spalare letame, alzarsi ogni mattina alle cinque e avere la sua azienda per vendere i formaggi.

Apparentemente sono due persone diverse che vogliono cose diverse e vanno in direzioni diverse, ma in comune hanno più di quanto sembri. Hanno due famiglie che non c’entrano niente con loro. Marina ha un padre che se n’è andato via e chissà come guadagna i suoi soldi e fa la bella vita, e una madre che passa il suo tempo a bere e si dimentica degli impegni. Andrea invece ha un padre che è ex sindaco e a lui preferisce l’altro figlio, Ermanno, che ha un lavoro importante in America, e una madre che non si ribella al marito e segue pedissequamente le sue decisioni. Entrambi odiano le loro famiglie e vogliono sopravvivere senza. Andrea è deciso, in quello che fa, Marina no, prende un’iniziativa e poi ci ripensa, ma entrambi vogliono sperimentare la libertà. In mezzo, intanto, c’è Elsa, vecchia amica di Andrea e coinquilina di Marina, che è da tempo innamorata di lui e “affettuosamente invidiosa” di lei.

Marina, come dicevo, all’inizio sembra una ragazza frivola, sembra il prodotto della società che educa i suoi giovani a pane e veline, ma poi si capisce cosa davvero ha dentro di sè, e cioè un passato di sofferenze e responsabilità. Lei è forte e ha fame di vivere, ha voglia di andare avanti ma allo stesso tempo non lascia indietro nulla perchè in qualche modo ritorna sui suoi passi e si riprende sempre quello che è suo. Nemmeno Andrea, come personaggio, mi piace particolarmente. È un giovane uomo che sì, ha delle idee e le porta avanti, ma ha troppo rancore dentro di sè, è troppo arrabbiato con la vita e con la sua famiglia. Ma in fondo è una storia, ed è una bella storia. E il finale non si dice perchè è tutto da scoprire e da immaginare.

Titolo: Marina Bellezza
Autore: 
Silvia Avallone
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 2013
Pagine: 509, rilegato
Prezzo: 18,50 € rilegato, 9,99 € ebook
Editore: Rizzoli (Collana: Scala italiani)

Giudizio personale: spienaspienaspienaspienaspiena

“L’uomo del nord” di Sharon Schultze

Questa è la seconda delle torture che mi sono autoinflitta, ma vi devo dire che leggendo quelle 312 pagine (in due giorni) ho riso come mai mi era successo prima. Adesso vi racconterò la trama di questo libro e ve la racconterò fino in fondo, senza tralasciare nulla, quindi non ve la racconto come farei nel caso di altri libri belli per lasciarvi un po’ di curiosità. No, perchè qui c’è proprio da ridere.

uomo nordAllora, siamo nell’Inghilterra del 1215, come c’è scritto sulla copertina, e questo è un elemento della collana I grandi romanzi storici, che manco Hemingway, ma vabbè. Siamo in un luogo un po’ confuso e troviamo la giovanissima, bellissima, dolcissima, purissima, levissima Anna de Limoges in un accampamento con dei soldati che la proteggono. Ad un certo punto si avvicina un tipo a cavallo. Anche lui bellissimo, biondissimo, muscolosissimo, altissimo e, perchè no?, levissimo. Anna e i suoi amici, inizialmente spaventati, dopo avergli chiesto chi è lo accolgono, lo fanno mangiare e lo tengono con loro. L’omaccione si chiama Swen Siwardson ed è un norvegese che aveva prestato servizio presso un certo lord Ian e poi, amichevolmente, si era congedato. Ma, guarda un po’, fortuna che adesso nell’accampamento c’è anche lui perchè arrivano dei tizi strani che li attaccano e vogliono rapire Anna. Loro si difendono e bla bla bla, e tutti felici e contenti tornano nel loro villaggio di provenienza, Murat, dove Swen decide di rimanere per aiutare tutti a difendere Anna, scoprendo la storia della ragazza.
Anna è protetta dalla Chiesa, precisamente da un abate, e fa l’artigiana producendo smalti bellissimi e unici che sono rappresentazioni di visioni che lei ha. Ma c’è l’inghippo: solo mantenendo intatta la sua virtù non getterà via il suo grande talento. Nel frattempo però Swen scopre di essere attratto da lei e lei scopre di essere attratta da lui, con la differenza che lei non sa niente del fatto che deve mantenersi pura. Ahia! Vabbè, comunque, intanto diventano amici, s’avvicinano, poi si baciano, si toccano, si accarezzano, s’allontanano, si ribaciano, giocano, ecc. E che cosa può mai venirne fuori? Che lei, non sapendo niente di niente lo provoca, e lui, onestissimo resiste alle provocazioni ma non sa per quanto. Un giorno escono a giocare nella neve (?!) e vengono attaccati da qualcuno che vuole rapire lei, ma lui al solito, bravissimo e validissimo, la protegge. L’abate intanto indaga e scopre chi è il mandante di tutti questi attacchi, ed è nientepopodimenoche… reggetevi forte… Giovanni Senza Terra che la vuole traviare. Qual è la bella pensata di Swen? “Chiediamo all’abate di sciogliere il giuramento, mio che ti devo proteggere e tuo che devi fare ‘sti smalti, sposiamoci, ti faccio mia così quello non ti disturba più”. Scappano nel castello di lord Ian (scoprendo che Swen si era allontanato perchè ha il dono di vedere in sogno le cose brutte che accadranno o sono accadute alle persone, e aveva pensato di andar via per proteggere una lady), che li accoglie, li protegge e finalmente li fa sposare. Morale della favola: il re resta con un palmo di naso.

Libro del 1998 veramente entusiasmante che mi ha regalato due giorni di ridarella con un’espressione alla “WTF?!” in viso. Vicenda molto banale, tutto raccontato in maniera approssimativa, con conclusione scritta in maniera molto frettolosa tanto che quasi non ci si capiva niente. La ragazza, che non sapeva neanche che tutto il villaggio fosse stato “apparecchiato” intorno a lei, oltre a non sapere nulla della vita vera, sembra una seduttrice provetta che proprio non sa tenere a freno gli istinti. E, a parte che il titolo originale è The shielded heart, non ho molto altro da dire, questa volta.

Titolo: L’uomo del nord
Autore: 
Sharon Schulze
Traduzione: Linda Rosaschino
Genere: Romanzo (rosa, storico)
Anno di pubblicazione: 1998
Pagine: 312
Prezzo: ai tempi, 8.900 lire
Editore: Harlequin Mondadori (Collana: I grandi romanzi storici)

Giudizio personale: spienasmezzasvuotasvuotasvuota