In breve | Gioventù (Trilogia di Copenaghen vol. 2) | Tove Ditlevsen

Davanti a tutte queste cose permanenti e invariabili,
mi rendo conto di detestare i mutamenti.
È difficile restare tutti d’un pezzo,
quando le cose che si hanno intorno cambiano faccia.

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Lo scorso ottobre è arrivato in libreria per Fazi il secondo volume della trilogia danese autobiografica di Tove Ditlevsen, Gioventù (trad. Alessandro Storti), un romanzo che, dopo Infanzia, racconta la seconda stagione della vita dell’autrice. Se nel capitolo precedente avevamo lasciato Tove che, bambina, scopriva le proprie inclinazioni e faceva chiarezza sui suoi sogni, adesso la ritroviamo ragazzina, impegnata a mettersi alla prova in diversi modi. Ha dovuto lasciare la scuola prima del tempo, vorrebbe dedicarsi completamente alla poesia, ma deve guadagnarsi da vivere, e lo farà con vari lavori precari e spesso mal pagati. Ma è un’adolescente, sta scoprendo il mondo, la vita, l’amore, le relazioni. Desidera ardentemente l’indipendenza, vuole riuscire a pubblicare un suo libro di poesie ed è molto determinata. Sullo sfondo, le vicende della fine della prima metà del Novecento, ascoltate da una radio o tramite le parole di una padrona di casa nazista che vorrebbe coinvolgere Tove nel suo gruppo di simpatizzanti per il regime che sembra lontano (ma non troppo), lì in Germania.

La gioventù della protagonista – e autrice – è un momento di passaggio, e per questo molto importante, in cui lei non è più bambina ma non è ancora donna. Ditlevsen ci regala un ritratto veritiero di una giovane ragazza che non può fare a meno di confrontarsi con gli altri, nello specifico con le donne (la madre), per capire chi vuole diventare, cosa vuole essere. Cerca di barcamenarsi in quell’età che non è ancora adulta. Come funzionano le relazioni? Cosa succede quando si esce insieme, ci si fidanza? E poi? E quel senso di inadeguatezza che la accompagna sempre, quella patina di ignoranza che non riesce proprio a togliersi di dosso. Insomma, tutto cambia, ma lei cercherà di mantenere chiaro il suo scopo: realizzare il proprio libro di poesie e riuscire a sfondare nel campo letterario.

Buona lettura!

Titolo: Gioventù
Autore: Tove Ditlevsen
Traduttore: Alessandro Storti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 4 ottobre 2022
Pagine: 168
Prezzo: 15 €
Editore: Fazi


Tove Ditlevsen – È stata una celebrata poetessa e romanziera danese. I suoi libri autobiografici, InfanziaGioventù e Dipendenza, compongono la trilogia di Copenaghen. In queste pagine, con una chiarezza e una sincerità cristalline, l’autrice racconta la sua vita tormentata: eterna outsider del mondo letterario, quattro matrimoni e quattro divorzi alle spalle, per tutta la sua vita adulta ha avuto problemi di dipendenza da alcol e droghe ed è morta suicida nel 1976.

Il tempo della speranza (Le sorelle del Ku’damm vol. 3) | Brigitte Riebe

Ci vuole un bel po’ di coraggio
a restare fedeli a ciò che si ama

quando hai tutto il mondo contro.

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A fine marzo è uscito in libreria il capitolo conclusivo di una saga che ho amato moltissimo, Le sorelle del Ku’damm di Brigitte Riebe, e si tratta de Il tempo della speranza. Purtroppo quest’anno per vari motivi sono lentissima su tutto e il tempo per la lettura è diminuito notevolmente, ma ci tengo comunque a parlarvi dei libri che tengo sul comodino, anche se in ritardissimo. Tanto i libri rimangono sempre, no?
Tornando al romanzo di cui sopra, per chi si fosse perso i primi due volumi, questa trilogia vede come protagonista una famiglia tedesca (e in particolare le sorelle Thalheim) che dopo la fine della seconda guerra mondiale cerca di rimettere in piedi l’attività che in precedenza era molto fiorente e che poi è andata persa quasi del tutto: i grandi magazzini della moda. Rike, la più grande, e il padre avevano nascosto vari tessuti, da cui poi hanno deciso di ripartire, prima aprendo un piccolo negozietto (peri pochi mezzi dei Thalheim e delle eventuali clienti), e poi espandendolo sempre di più fino allo sfarzo di una volta. Il primo capitolo è dedicato proprio a Rike, il secondo a Silvie e il terzo, quello conclusivo che copre un arco di tempo fra il 1958 e il 1963, alla “piccola” Florentine, la figlia della seconda moglie del padre, Claire, che non ha mai nutrito troppo amore per l’attività di famiglia ma si è sempre voluta dedicare all’arte. Da contare fra le sorelle Thalheim c’è anche Miriam, ex sarta dei magazzini originari, che si unisce alle altre nella ricostruzione e per vari motivi fa parte della famiglia.

Flori, dicevamo, vuole studiare arte e infatti s’iscrive all’accademia, con un po’ di delusione da parte del padre che sperava collaborasse con le sorelle. Inizialmente non viene ammessa, ma poi riesce a convincere il direttore che la spedisce nella classe di Rufus Lindberg, un uomo tanto affascinante quanto fuori dagli schemi. La ragazza se ne innamora e instaura con lui una relazione che purtroppo finirà male e la porterà a scegliere di abbandonare gli studi. Ma è qui che Flori scopre la fotografia e capisce di avere un gran talento, quindi aiutata dal suo amico Benka deciderà di seguire questa strada, che può anche permetterle di fare la sua parte per quanto riguarda i magazzini Thalheim.
Le vicende narrate sono moltissime, anche perché ci troviamo nel bel mezzo delle tensioni fra Est e Ovest, e poi tornerà a minacciare la famiglia un personaggio che si pensava si fossero lasciati alle spalle e che ha sempre tramato contro di loro.

Abbiamo detto che il punto di vista da cui è narrata la storia stavolta è quello di Flori, e questo ci permette di seguire l’evoluzione di un personaggio che all’inizio della trilogia poteva suscitare un po’ di antipatia. Era la piccola di famiglia, probabilmente la più coccolata e viziatella, quella che faceva di meno meno perché c’erano la mamma e le sorelle più grandi, e comunque per l’azienda Thalheim avrebbe potuto fare ben poco perché appunto era solo una ragazzina. Adesso è diventata una donna, capisce molto di più cosa le succede intorno e si trova a dover prendere decisioni importanti nella propria vita, come per esempio comprendere quale sia il suo compito nei grandi magazzini. Il libro si apre quando è appena tornata da Parigi, una città da sogno in cui ha anche vissuto un amore molto forte, e deve scontrarsi con un mondo che le sembra del tutto diverso, ma che la riporta con i piedi per terra.

Già dopo pochi passi ha l’impressione di non essere mai andata via. Berlino ha un profumo diverso da Parigi, più acre, povero, per niente chic e di certo ben poco mediterraneo. Odora di sporcizia e non di ostriche, di carbone, würstel e senape da quattro soldi, eppure Flori respira avidamente quell’aria fredda.

E sarà proprio da qui, da questo impatto con quell’aria fredda e l’odore di sporcizia che la ragazza subirà un’evoluzione che all’inizio del primo volume ci sarebbe sembrata del tutto imprevedibile.

Mi dispiace un po’ che questa bella saga si sia conclusa, perché Riebe ha un modo di scrivere e narrare che coinvolge moltissimo e fa sperare che le sue storie non finiscano mai. Ma Il tempo della speranza è la degna conclusione del cammino della famiglia Thalheim e di tre sorelle (che, come ho già detto, in realtà sono quattro) a cui ci siamo proprio affezionati sin dal primo volume. Appena potrò cercherò sicuramente qualcos’altro di suo!

Nel frattempo, buona lettura!

Titolo: Il tempo della speranza
Autore: Brigitte Riebe
Traduttore: Teresa Ciuffoletti e Viola Savaglio
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 31 marzo 2022
Pagine: 500
Prezzo: 18,50 €
Editore: Fazi


Brigitte Riebe – Ha conseguito un dottorato in Storia e successivamente ha lavorato come editor per una casa editrice. Ha pubblicato numerosi romanzi di grande successo, in cui ripercorre le vicende dei secoli passati. I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. Vive con il marito a Monaco.

Il padrone di Jalna (Jalna vol. 4) | Mazo De La Roche

Ogni centimetro di questo prato è stato calpestato
almeno mille volte da ciascuno di noi.
Non ha importanza dove sono stato o cosa ho visto:
questo luogo è sempre venuto con me.
Non potrei sradicarmene neanche se volessi.

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Lo scorso 3 marzo è uscito il quarto volume di Jalna, la saga dell’autrice canadese Mazo De La Roche che Fazi ha recuperato e sta portando in libreria per il pubblico italiano. Si tratta di un’impresa praticamente titanica, dato che parliamo di una decina – o addirittura una dozzina o più, non ricordo con esattezza – di volumi. Se nel terzo volume il protagonista era stato Finch, con l’eredità ricevuta dalla nonna Adeline, che aveva lasciato un po’ tutti spiazzati perché il ragazzo sembrava il destinatario meno probabile di quella somma di denaro, in questo quarto capitolo, Il padrone di Jalna, tradotto da Sabina Terziani, si parla soprattutto di Renny, colui che viene definito da tutti il capofamiglia. È quello che ha cresciuto i fratelli più piccoli dopo la morte della madre e della seconda moglie del padre, è quello che si occupa della proprietà, degli affari, che cerca di risolvere i problemi di tutti. Il vero padrone di Jalna, appunto. Ha avuto dalla moglie Alaine una bambina a cui è stato dato il nome della bisnonna Adeline da cui ha ereditato soprattutto il carattere: è bizzosa, cocciuta e caparbia.

Se Renny loda la bambina per la sua indole agguerrita e selvaggia, per Alaine che deve badare a lei tutto il giorno è un vero problema. Non riesce a gestirla, forse nemmeno a capirla bene. E questo crea una distanza tra lei e il marito, che infatti si avvicina moltissimo a Claire Lebraux, che vive con la figlia Pauline nella loro proprietà e si occupa di un allevamento di volpi. Renny deve gestire però una serie di problemi finanziari e non, fare i conti con perdite importanti nella sua famiglia e pensare a fratelli più piccoli innamorati che vogliono accasarsi.

Renny si alzò di colpo, si avvicinò alla finestra e rimase a fissare la facciata di mattoni rossi con un senso di orgoglio colmo di passione e possessività. Quanto amava quei muri coperti dalla vite vergine nel suo sontuoso manto autunnale, quei camini da cui si innalzavano le spirali di fumo della legna dei suoi boschi…

In questo romanzo corposo gli eventi che si succedono sono moltissimi, ma come sempre tutto ruota intorno a Jalna, la grande tenuta della famiglia Whiteoak fondata da Adeline e dal marito. Un luogo che Mazo De La Roche si preoccupa sempre di descrivere con particolare accuratezza. E questo nel volume precedente un po’ era mancato perché gran parte delle vicende di Finch si erano svolte in Inghilterra, quindi c’era stato un cambio di scenario. E adesso c’è anche un leggero cambio di punto di vista, perché se la storia principale è quella di Renny, tutto acquista un sapore diverso: c’è più praticità e meno sogno, più azione e un po’ meno riflessione e contemplazione.

La lettura di questa saga è piacevole perché la famiglia che ne è protagonista è molto particolare: è unita e disgregata allo stesso tempo. Se in determinati momenti i membri sono bravissimi a fare fronte comune contro gli esterni, succede spesso anche che si creino delle fratture interne, che però (come vedremo in questo volume) non rimarranno insanabili per sempre. Perché qualsiasi cosa accada, c’è sempre in momento in cui ci si rende conto di essere piccolissimi di fronte al destino e alle avversità, e non resta altro da fare che fare un piccolo passo indietro.

Aspettando con trepidazione il capitolo successivo di Jalna, vi auguro buona lettura!

Titolo: Il padrone di Jalna
Autore: Mazo de la Roche
Traduttore: Sabina Terziani
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 3 marzo 2022
Pagine: 414
Prezzo: 18 €
Editore: Fazi

Infanzia (Trilogia di Copenaghen vol. 1) | Tove Ditlevsen

Dovunque ci si volti,
si va a sbattere contro la propria infanzia

e ci si fa male, perché è spigolosa e dura,
e ci si ferma solo dopo esserne stati completamente lacerati.

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Il mese scorso Fazi ha dato il via a una nuova saga che viene per la prima volta tradotta in italiano, nello specifico da Alessandro Storti. Si tratta della trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, una storia autobiografica divisa appunto in tre volumi che di recente è stata riscoperta e ha avuto un grande successo in tutto il mondo. Nel primo romanzo, Infanzia, si parte dagli anni della fanciullezza di Tove, che vive nella Copenaghen degli anni Trenta con il fratello maggiore e i genitori. Il padre cambia spesso lavoro e la madre è una donna molto dura e per nulla amorevole con la bambina. Tove cresce con il grande desiderio di scrivere poesie, le sente nel suo cuore, ma quando il padre le dice che le donne non possono fare le scrittrici e la madre non fa altro che tarparle le ali, lei decide di non esprimere più questa sua passione, almeno in pubblico. La tiene semplicemente per sé, sperando che un giorno le cose possano cambiare, che arrivi l’occasione giusta.

Io, tutta contenta, ho detto: «Voglio fare la scrittrice anch’io!».
Lui ha subito corrugato la fronte e ha detto in tono minaccioso: «Non metterti in testa certe cose! Le femmine non possono fare le scrittrici».
Io, umiliata e offesa, mi sono chiusa in me stessa, mentre mia madre e Edvin ridevano di questa mia folle idea. Ho deciso di non rivelare mai più i miei sogni, e ho tenuto fede a questa risoluzione per tutta l’infanzia.

Ma, da lì a quando nei fatti inizierà ad allontanarsi dall’infanzia per entrare nell’adolescenza, Tove non farà altro che sentirsi fuori posto, diversa anche dalle amiche più vicine, come Ruth che però la aiuta a capire un po’ come funziona il mondo. La protagonista, che è anche voce narrante, sembra avere un modo di vedere e sentire le cose diverso dagli altri, una sensibilità e una lucidità fuori dagli schemi. Questo è il motivo per cui le sue parole sono coperte da un velo di malinconia: sono le parole di una ragazzina disillusa che sa che appartiene alla classe operaia e in qualche modo sta vivendo una vita che non è quella che vorrebbe, che i suoi desideri al momento non sono alla sua portata e deve dimostrare di valere qualcosa, prima di poterli realizzare.

Infanzia è una storia piena di descrizioni, impressioni e opinioni di una bambina che si avvia verso l’età adulta sapendo che diventerà donna e che dovrà conquistarsi il suo posto nel mondo, magari riuscire ad andar via da quel quartiere operaio in cui vive ed essere una poetessa. E dalla sua biografia sappiamo, poi, che è riuscita a realizzare il suo sogno, si è sposata quattro volte e ha avuto due figli, ma quell’infelicità le è rimasta addosso: per tutta la vita ha avuto problemi di alcol e droga e alla fine si è suicidata.
Il testo, con il suo stile semplice e scorrevole, è molto breve, quindi si potrebbe avere la sensazione che finisca troppo presto. Per questo, è grande l’attesa del volume successivo. Nel frattempo, se vi incuriosisce e volete iniziare a leggerlo, Fazi ha messo a disposizione sul proprio sito i primi tre capitoli di questo romanzo, che potete leggere QUI insieme a qualche informazione in più sul libro.

Buona lettura!

Titolo: Infanzia
Autore: Tove Ditlevsen
Traduttore: Alessandro Storti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 24 marzo 2022
Pagine: 124
Prezzo: 15 €
Editore: Fazi


Tove Ditlevsen – È stata una celebrata poetessa e romanziera danese. I suoi libri autobiografici, InfanziaGioventù e Dipendenza, compongono la trilogia di Copenaghen. In queste pagine, con una chiarezza e una sincerità cristalline, l’autrice racconta la sua vita tormentata: eterna outsider del mondo letterario, quattro matrimoni e quattro divorzi alle spalle, per tutta la sua vita adulta ha avuto problemi di dipendenza da alcol e droghe ed è morta suicida nel 1976.