Il letto di Acajou (Le dame del Faubourg vol. 2) | Jean Diwo

Sei proprio deluso!
Scaccia queste idee funeste:
la vita cambia e ricomincia di continuo.
Se oggi tutto è disillusione,
domani il sole tornerà a splendere nel tuo cuore.

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Innanzitutto, buon rientro dalle vacanze a tutti coloro che passano da qui, spero che le abbiate passate nel modo più sereno possibile. Io non prendo le ferie in modo convenzionale, ma quando posso, e in più ultimamente sono in ritardo con le letture e con le date d’uscita. Motivo per cui vi parlo solo oggi di un romanzo uscito i primi di luglio. Si tratta de Il letto di Acajou, il secondo volume della trilogia de Le dame del Fabourg di Jean Diwo, uscito lo scorso novembre? Vi ricordate che ne abbiamo parlato qualche mese fa? No? Allora facciamo un brevissimo riassunto (oppure andiamo a recuperare il post). La storia, nel volume precedente, inizia nel 1471, quando il giovane Jean Cottion si presenta nel Faubourg Saint Antoine da Pierre Thirion con il suo bastone da compagnon (apprendista) per l’ultima tappa del suo tour della Francia. A quel tempo, infatti, si usava andare di bottega in bottega in diverse città per apprendere trucchi del mestiere e affinare la propria arte di ebanista. Da lì comincerà una vera e propria dinastia di artisti dei mobili, generazioni che si succederanno una dopo l’altra intorno all’abbazia, un luogo particolarmente importante. Negli anni cambiano moltissime cose, gli eventi a cui assistiamo sono tantissimi, e il romanzo si conclude il 13 luglio del 1789, il giorno prima della presa della Bastiglia. Ed è qui che, a sua volta, inizia Il letto di Acajou, e la protagonista per gran parte della storia è Antoinette, figlia del grande Oeben e imparentata anche con Riesener, che adesso è sposata con il barone Valfroy ed è madre naturale di Lucie e madre adottiva di Ethis, un bambino che aveva incontrato nella cattiva sorte e che ha poi cresciuto lei.

Anche in questo secondo capitolo della trilogia di Diwo, gli eventi narrati sono moltissimi, ma la differenza rispetto al primo sta nel fatto che l’arco temporale in cui si svolge la vicenda è più limitato: si fa riferimento alla vita della protagonista, perché la storia si conclude qualche anno dopo la sua morte, nel 1819. Sono trent’anni in cui il Paese, Parigi e il faubourg subiscono moltissimi cambiamenti; la Rivoluzione ha modificato la vita dei francesi e ha insegnato loro a vivere in un altro modo, ed essa stessa poi è stata soppiantata da un nuovo periodo. L’abbazia di di Saint-Antoine-des-Champs non esiste più, e nemmeno le badesse. Ora il titolo di dama del faubourg sembra essere passato di diritto ad Antoinette, una figura importantissima nel quartiere, una donna brillante e molto saggia, discendente da una stirpe di ebanisti e artisti famosi in tutta la Francia. Lei riprende la tradizione della madre e ogni mercoledì ricomincia a tenere delle riunioni in casa sua, dei veri e propri salotti a cui partecipano personaggi importanti (reali e fittizi) che disquisiscono sui temi dell’attualità di quel periodo.

Hai ragione, mia piccola Marie. Il vento del Faubourg soffia sui nostri incontri e aiuta i pensieri a prendere il volo.

Anche qui incontriamo tanti personaggi realmente esistiti che compaiono in questa storia romanzata. Vediamo Georges Jacob, il pittore David, Napoleone, ma anche il noto Eugène Delacroix, che Diwo descrive come figlio illegittimo della sorella di Antoinette, Charlotte, e Talleyrand, come si crede in realtà, perché il padre, Delacroix, al tempo della sua nascita era sterile. L’autore ci guida nel quartiere in cui lui stesso è nato e ci racconta la storia dell’arte del mobile, ma anche la storia della Francia, con comparse importanti, personaggi appassionanti e una protagonista che difficilmente si riesce a dimenticare. Anche i mobili, descritti così bene nella loro fattura e nel momento della produzione, subiscono dei cambiamenti: gli stili di una volta passano di moda, vengono sostituiti dal moderno. A volte è solo questione di tempo perché si prevede già un ritorno al precedente; altre volte gli stili vecchi vengono dimenticati del tutto.

Diwo, formatosi alla scuola dei grandi quotidiani, lascia la carriera di giornalista proprio per cominciare a scrivere questa saga che ruota attorno alle figure di grandi donne. Che siano badesse, borghesi o che facciano parte della discendenza di grandi ebanisti, sono sempre donne di grande ingegno, di grande arguzia e saggezza che sembrano essere la forza motrice delle azioni di tutti gli altri personaggi, quelle da cui spesso e volentieri dipendono gli eventi. In questo secondo volume della trilogia, Antoinette farà una cosa molto importante: rientrati tutti in possesso della vecchia casa dei Thirion, sarà lei a ritrovare un contatto con il mondo ormai passato dei secoli precedenti, riscoprendo in soffitta, insieme alla figlia e alla nuora, vecchi oggetti impolverati appartenuti ai suoi antenati. Compreso un bellissimo bastone da compagnon, che accompagnerà Bertrand, il figlio di Ethis, nel suo tour della Francia.

I due giovani, che avevano iniziato a esplorare la soffitta solo per far piacere a Réveillon, adesso sembravano affascinati da quell’oggetto, testimonianza dell’esistenza terrena di diverse generazioni di maestri, compagnon e artigiani emigrati dalle province e dall’estero per fondare la comunità del legno del faubourg Saint-Antoine. Marie accarezzava con le dita gli angioletti di Jean Cottion come avevano fatto prima di lei Èlisabeth, la pensionante del convento, Anne e tante altre. Al contatto col legno avvertì il lieve fremito voluttuoso che avevano provato gli innamorati dei tempi passati.

In attesa del volume conclusivo di questa bellissima, storia, buona lettura!

Titolo: Il letto di Acajou
Autore: Jean Diwo
Traduttore: Luisa Rigamonti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 1 luglio 2022
Pagine: 702
Prezzo: 20 €
Editore: 21lettere


Jean Diwo – Nato a Parigi nel 1914, Jean Diwo debutta nel giornalismo lavorando a Paris-Soir per pagarsi gli studi di Lettere moderne alla Sorbona. Dopo la morte della moglie, nel 1981, da poco in pensione, Diwo si dedica alla scrittura di romanzi storici, ottenendo un rapido successo di pubblico e critica. In un’intervista nel 2006 commenta “I libri mi hanno salvato, mi hanno offerto una seconda vita”. L’autore si spegne nel 2011, all’età di 96 anni.

Il tempo della speranza (Le sorelle del Ku’damm vol. 3) | Brigitte Riebe

Ci vuole un bel po’ di coraggio
a restare fedeli a ciò che si ama

quando hai tutto il mondo contro.

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A fine marzo è uscito in libreria il capitolo conclusivo di una saga che ho amato moltissimo, Le sorelle del Ku’damm di Brigitte Riebe, e si tratta de Il tempo della speranza. Purtroppo quest’anno per vari motivi sono lentissima su tutto e il tempo per la lettura è diminuito notevolmente, ma ci tengo comunque a parlarvi dei libri che tengo sul comodino, anche se in ritardissimo. Tanto i libri rimangono sempre, no?
Tornando al romanzo di cui sopra, per chi si fosse perso i primi due volumi, questa trilogia vede come protagonista una famiglia tedesca (e in particolare le sorelle Thalheim) che dopo la fine della seconda guerra mondiale cerca di rimettere in piedi l’attività che in precedenza era molto fiorente e che poi è andata persa quasi del tutto: i grandi magazzini della moda. Rike, la più grande, e il padre avevano nascosto vari tessuti, da cui poi hanno deciso di ripartire, prima aprendo un piccolo negozietto (peri pochi mezzi dei Thalheim e delle eventuali clienti), e poi espandendolo sempre di più fino allo sfarzo di una volta. Il primo capitolo è dedicato proprio a Rike, il secondo a Silvie e il terzo, quello conclusivo che copre un arco di tempo fra il 1958 e il 1963, alla “piccola” Florentine, la figlia della seconda moglie del padre, Claire, che non ha mai nutrito troppo amore per l’attività di famiglia ma si è sempre voluta dedicare all’arte. Da contare fra le sorelle Thalheim c’è anche Miriam, ex sarta dei magazzini originari, che si unisce alle altre nella ricostruzione e per vari motivi fa parte della famiglia.

Flori, dicevamo, vuole studiare arte e infatti s’iscrive all’accademia, con un po’ di delusione da parte del padre che sperava collaborasse con le sorelle. Inizialmente non viene ammessa, ma poi riesce a convincere il direttore che la spedisce nella classe di Rufus Lindberg, un uomo tanto affascinante quanto fuori dagli schemi. La ragazza se ne innamora e instaura con lui una relazione che purtroppo finirà male e la porterà a scegliere di abbandonare gli studi. Ma è qui che Flori scopre la fotografia e capisce di avere un gran talento, quindi aiutata dal suo amico Benka deciderà di seguire questa strada, che può anche permetterle di fare la sua parte per quanto riguarda i magazzini Thalheim.
Le vicende narrate sono moltissime, anche perché ci troviamo nel bel mezzo delle tensioni fra Est e Ovest, e poi tornerà a minacciare la famiglia un personaggio che si pensava si fossero lasciati alle spalle e che ha sempre tramato contro di loro.

Abbiamo detto che il punto di vista da cui è narrata la storia stavolta è quello di Flori, e questo ci permette di seguire l’evoluzione di un personaggio che all’inizio della trilogia poteva suscitare un po’ di antipatia. Era la piccola di famiglia, probabilmente la più coccolata e viziatella, quella che faceva di meno meno perché c’erano la mamma e le sorelle più grandi, e comunque per l’azienda Thalheim avrebbe potuto fare ben poco perché appunto era solo una ragazzina. Adesso è diventata una donna, capisce molto di più cosa le succede intorno e si trova a dover prendere decisioni importanti nella propria vita, come per esempio comprendere quale sia il suo compito nei grandi magazzini. Il libro si apre quando è appena tornata da Parigi, una città da sogno in cui ha anche vissuto un amore molto forte, e deve scontrarsi con un mondo che le sembra del tutto diverso, ma che la riporta con i piedi per terra.

Già dopo pochi passi ha l’impressione di non essere mai andata via. Berlino ha un profumo diverso da Parigi, più acre, povero, per niente chic e di certo ben poco mediterraneo. Odora di sporcizia e non di ostriche, di carbone, würstel e senape da quattro soldi, eppure Flori respira avidamente quell’aria fredda.

E sarà proprio da qui, da questo impatto con quell’aria fredda e l’odore di sporcizia che la ragazza subirà un’evoluzione che all’inizio del primo volume ci sarebbe sembrata del tutto imprevedibile.

Mi dispiace un po’ che questa bella saga si sia conclusa, perché Riebe ha un modo di scrivere e narrare che coinvolge moltissimo e fa sperare che le sue storie non finiscano mai. Ma Il tempo della speranza è la degna conclusione del cammino della famiglia Thalheim e di tre sorelle (che, come ho già detto, in realtà sono quattro) a cui ci siamo proprio affezionati sin dal primo volume. Appena potrò cercherò sicuramente qualcos’altro di suo!

Nel frattempo, buona lettura!

Titolo: Il tempo della speranza
Autore: Brigitte Riebe
Traduttore: Teresa Ciuffoletti e Viola Savaglio
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 31 marzo 2022
Pagine: 500
Prezzo: 18,50 €
Editore: Fazi


Brigitte Riebe – Ha conseguito un dottorato in Storia e successivamente ha lavorato come editor per una casa editrice. Ha pubblicato numerosi romanzi di grande successo, in cui ripercorre le vicende dei secoli passati. I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. Vive con il marito a Monaco.

Infanzia (Trilogia di Copenaghen vol. 1) | Tove Ditlevsen

Dovunque ci si volti,
si va a sbattere contro la propria infanzia

e ci si fa male, perché è spigolosa e dura,
e ci si ferma solo dopo esserne stati completamente lacerati.

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Il mese scorso Fazi ha dato il via a una nuova saga che viene per la prima volta tradotta in italiano, nello specifico da Alessandro Storti. Si tratta della trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, una storia autobiografica divisa appunto in tre volumi che di recente è stata riscoperta e ha avuto un grande successo in tutto il mondo. Nel primo romanzo, Infanzia, si parte dagli anni della fanciullezza di Tove, che vive nella Copenaghen degli anni Trenta con il fratello maggiore e i genitori. Il padre cambia spesso lavoro e la madre è una donna molto dura e per nulla amorevole con la bambina. Tove cresce con il grande desiderio di scrivere poesie, le sente nel suo cuore, ma quando il padre le dice che le donne non possono fare le scrittrici e la madre non fa altro che tarparle le ali, lei decide di non esprimere più questa sua passione, almeno in pubblico. La tiene semplicemente per sé, sperando che un giorno le cose possano cambiare, che arrivi l’occasione giusta.

Io, tutta contenta, ho detto: «Voglio fare la scrittrice anch’io!».
Lui ha subito corrugato la fronte e ha detto in tono minaccioso: «Non metterti in testa certe cose! Le femmine non possono fare le scrittrici».
Io, umiliata e offesa, mi sono chiusa in me stessa, mentre mia madre e Edvin ridevano di questa mia folle idea. Ho deciso di non rivelare mai più i miei sogni, e ho tenuto fede a questa risoluzione per tutta l’infanzia.

Ma, da lì a quando nei fatti inizierà ad allontanarsi dall’infanzia per entrare nell’adolescenza, Tove non farà altro che sentirsi fuori posto, diversa anche dalle amiche più vicine, come Ruth che però la aiuta a capire un po’ come funziona il mondo. La protagonista, che è anche voce narrante, sembra avere un modo di vedere e sentire le cose diverso dagli altri, una sensibilità e una lucidità fuori dagli schemi. Questo è il motivo per cui le sue parole sono coperte da un velo di malinconia: sono le parole di una ragazzina disillusa che sa che appartiene alla classe operaia e in qualche modo sta vivendo una vita che non è quella che vorrebbe, che i suoi desideri al momento non sono alla sua portata e deve dimostrare di valere qualcosa, prima di poterli realizzare.

Infanzia è una storia piena di descrizioni, impressioni e opinioni di una bambina che si avvia verso l’età adulta sapendo che diventerà donna e che dovrà conquistarsi il suo posto nel mondo, magari riuscire ad andar via da quel quartiere operaio in cui vive ed essere una poetessa. E dalla sua biografia sappiamo, poi, che è riuscita a realizzare il suo sogno, si è sposata quattro volte e ha avuto due figli, ma quell’infelicità le è rimasta addosso: per tutta la vita ha avuto problemi di alcol e droga e alla fine si è suicidata.
Il testo, con il suo stile semplice e scorrevole, è molto breve, quindi si potrebbe avere la sensazione che finisca troppo presto. Per questo, è grande l’attesa del volume successivo. Nel frattempo, se vi incuriosisce e volete iniziare a leggerlo, Fazi ha messo a disposizione sul proprio sito i primi tre capitoli di questo romanzo, che potete leggere QUI insieme a qualche informazione in più sul libro.

Buona lettura!

Titolo: Infanzia
Autore: Tove Ditlevsen
Traduttore: Alessandro Storti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 24 marzo 2022
Pagine: 124
Prezzo: 15 €
Editore: Fazi


Tove Ditlevsen – È stata una celebrata poetessa e romanziera danese. I suoi libri autobiografici, InfanziaGioventù e Dipendenza, compongono la trilogia di Copenaghen. In queste pagine, con una chiarezza e una sincerità cristalline, l’autrice racconta la sua vita tormentata: eterna outsider del mondo letterario, quattro matrimoni e quattro divorzi alle spalle, per tutta la sua vita adulta ha avuto problemi di dipendenza da alcol e droghe ed è morta suicida nel 1976.

Le dame del Faubourg | Jean Diwo

Per lui il legno era come l’aria, il fuoco o l’acqua:
un elemento vitale, un materiale carico di magia
che la mano dell’artigiano rianimava,

restituendo a quelle assi secche la libertà degli alberi nella luce del mattino.
Jean Cottion, come chiunque facesse il suo mestiere,
amava davvero il legno,
la cui struttura carnale lo emozionava.

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Amici lettori, spero che abbiate passato questi giorni nel modo più sereno possibile. Voglio aprire questo nuovo anno su questo blog parlandovi di una casa editrice giovane di cui non avevo ancora letto nulla. Si tratta di 21lettere, nata a Modena qualche settimana prima dell’inizio della pandemia. Ventuno lettere sono quelle del nostro alfabeto che possono dar vita a una serie infinita di combinazioni che diventano parole, poi frasi, periodi e interi testi. Loro hanno iniziato con il progetto di pubblicare solo sei titoli all’anno, perché è preferibile fare meno ma farlo meglio, scegliere di puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità, senza però rimanere confinati a un solo genere. Come leggo sia sul loro sito che su una interessante intervista all’editore Alberto Bisi, loro pubblicano un libro se è bello (se è bello per loro, ovviamente), questo è il loro criterio principe. Nel 2021 hanno deciso di raddoppiare proponendo ogni anno anche sei titoli per ragazzi, perché è bene coltivare la lettura anche fin da giovani. Ma entriamo meglio nel dettaglio.

Io nell’ultimo periodo ho avuto la possibilità di leggere Le dame del Faubourg di Jean Diwo, uscito il 4 novembre nella bellissima traduzione italiana di Luisa Rigamonti. Si tratta di un romanzo storico, ed è il primo volume di una trilogia che in Francia ha avuto un enorme successo. Ci ho messo un pochino perché, oltre al fatto che il tempo ultimamente scarseggia sempre di più, è un volumone corposo di circa ottocento pagine che però scorrono fluide. Questa bella storia appassionante è ambientata nel Faubourg Saint-Antoine, uno dei più antichi e importanti sobborghi di Parigi, dove è nato anche l’autore. La vicenda comincia nel 1471, nella Francia di Luigi XI, e si conclude il giorno prima della presa della Bastiglia, cioè il 13 luglio 1789. Capirete che in questo enorme arco di tempo ci saranno moltissimi personaggi e che gli eventi narrati saranno innumerevoli – e, in più, che fermarsi al giorno che precede un evento epocale fa nascere aspettative importanti per il secondo volume che di certo partirà col botto – però in qualche modo non si perde mai il filo, perché Diwo è bravissimo a mantenere l’attenzione del lettore dove vuole lui, e cioè: non sulle singole vicende e sui singoli personaggi, ma sul fatto tutto ruota intorno al Faubourg, all’abbazia, alle badesse (le dame, appunto) e all’attività principale del sobborgo, l’amore per il legno e la costruzione di mobili.

Nel 1471 Jean Cottion arriva a Parigi con il suo fagotto e con il bastone da compagnon (apprendista), si presenta da Pierre Thirion per l’ultima tappa del suo tour di tutta la Francia. Jean nelle altre tappe ha avuto la possibilità di imparare da vari maestri, ognuno dei quali gli ha insegnato qualcosa che lo ha migliorato e lo ha fatto diventare abilissimo; ma sarà lì che si stabilirà, che darà vita a un’attività sicura, metterà su famiglia e darà vita insieme ai Thirion a una dinastia che sarà sempre al vertice della produzione di mobili. Mobili che, poi, saranno sempre più moderni e apprezzati anche a corte (i discendenti riusciranno perfino ad accedere alla bottega del Louvre).
Sono tantissime le vite che si intrecciano in tutti questi anni, sarebbe impossibile parlare di ogni singolo personaggio, ma possiamo dire che in questo vivace quartiere hanno grandissimo rilievo le figure femminili, sia quelle delle badesse che sono le protettrici degli artigiani e si assicurano che la loro attività non venga mai messa a rischio, sia quelle delle mogli, sorelle, figlie dei vari artisti che si succedono, donne dotate spesso di grande forza che a volte sfiorano persino l’eroismo.
Con una tale cornice storica, poi, non mancano le comparse di personaggi realmente esistiti: c’è chi fa un viaggio in Italia e incontra il Tintoretto e il Giambologna, chi ascolta i ragionamenti di Voltaire e partecipa ai salotti di Madame de Staël, chi lavora insieme a Montgolfier alla creazione del primo pallone volante e chi, in quel mezzo aerostatico ci muore anche, passando alla storia come la prima vittima di un incidente aereo documentato (Jean-François Pilâtre de Rozier).

Quella che Jean Diwo – prima giornalista e poi, dopo la morte della moglie nel 1981, scrittore di romanzi storici – ci descrive è una Parigi in evoluzione, in cui “entriamo” presi per mano dai personaggi creati dalla sua penna, e il Faubourg è un posto che conosce molto bene. È davvero difficile staccarsi dalle pagine di questo libro. Quando mi è stato proposto come “un romanzo storico che segue la tradizione di Dumas e Victor Hugo”, ho capito subito che faceva per me e dopo averlo letto posso dire che le mie aspettative non sono state deluse (ho un debole per quel tipo di letteratura francese e in più amo le saghe). Anzi non vedo l’ora di vedere come proseguirà.

Buona lettura!

Titolo: Le dame del Faubourg
Autore: Jean Diwo
Traduttore: Luisa Rigamonti
Genere: Romanzo
Data di pubblicazione: 4 novembre 2021
Pagine: 789
Prezzo: 20 €
Editore: 21lettere


Jean Diwo – Nato a Parigi nel 1914, Jean Diwo debutta nel giornalismo lavorando a Paris-Soir per pagarsi gli studi di Lettere moderne alla Sorbona. Dopo la morte della moglie, nel 1981, da poco in pensione, Diwo si dedica alla scrittura di romanzi storici, ottenendo un rapido successo di pubblico e critica. In un’intervista nel 2006 commenta “I libri mi hanno salvato, mi hanno offerto una seconda vita”. L’autore si spegne nel 2011, all’età di 96 anni.