Meglio l’assenza | Edurne Portela

Ci sono famiglie in cui crescere è difficile, soprattutto se vivi tra gli anni ’80 e ’90 nei Pesi Baschi, dove la guerriglia è all’ordine del giorno e la violenza, l’eroina, la disoccupazione e i gas lacrimogeni sono cose normali. Amaia Gorostiaga nel 1979 ha cinque anni, ed è da lì che inizia a raccontare la sua storia nel romanzo di Edurne Portela, Meglio l’assenza, pubblicato da Lindau lo scorso 28 marzo nella traduzione di Thais Siciliano. La piccola Amaia cresce in una famiglia agiata, ma da sempre disgregata: il suo aita (papà) Amadeo è un avvocato – almeno è quello che sa lei – e non fa mancare nulla ad ama (mamma) Elvira, a lei e ai suoi tre fratelli Aníbal, Aitor e Kepa. Però aita non c’è mai, o meglio, è sempre via e torna di rado. Quelle poche volte che è a casa la mamma passa il suo tempo a dormire tra il letto e il divano ubriaca e piena di lividi, e i suoi fratelli non rimangono mai nei paraggi.

Dal 1979 al 1992 Amayita ci dà ogni anno un punto di vista diverso sulla sua situazione e su tutto ciò che la circonda, cresce e capisce sempre di più quello che succede. Aita che torna sempre meno a casa e ama che riceve comunque dei soldi da parte sua, che nonostante i maltrattamenti rimane legata a lui; il fratello maggiore Aníbal che entra nel mondo dell’eroina e ne viene fagocitato fino a morirne; Aitor che decide di concentrarsi solo sullo studio e va a studiare filosofia a Madrid e prende le distanze da tutto e tutti; Kepa che è sempre stato un ragazzo poco riflessivo e molto avventato e si unisce alla lotta armata; lei, affidata alla nonna o a casa di qualche amichetta, col suo vecchio coniglietto Buni, con l’imbottitura che viene fuori da tutte le parti.
Amaia, che nell’adolescenza ha sperimentato qualche droga, l’alcool, e che ha avuto le prime esperienze sessuali, a un certo punto non resiste più e va via di casa; è così che si apre uno squarcio nella storia della protagonista e voce narrante, squarcio che viene chiuso con l’inizio della seconda parte del romanzo, in cui si racconta il suo ritorno a casa nel 2009, diciassette anni dopo.

Come fare i conti con ciò che ci si era lasciato alle spalle? Come comportarsi con una famiglia da cui ti eri dovuto staccare per forza per evitare di soccombere? Come convincersi a perdonare un padre che era meglio se non c’era?

Meglio l’assenza di questo padre, forse, che una presenza scomoda e violenta nelle vite della famiglia Gorostiaga. Qualsiasi cosa lui andasse a fare lontano, ovunque andasse. Lui non c’era quando sul muro del loro palazzo spuntavano scritte e insulti contro un padre che faceva la spia per gli spagnoli o un fratello che faceva lo spacciatore. Cose che Amaia non ha capito fin da subito perché la nonna, la donna che aiutava in casa e persino i fratelli le addolcivano la pillola, almeno fino a quando era piccola ed era più semplice mentirle e inventare qualche storiella.
E nonostante l’assenza sono quei pochi momenti in cui Amadeo è presente nella vita della figlia – forse quando lei stessa prova a dargli la possibilità di rimediare ai suoi errori – che lasciano alla ragazza le ferite più profonde, quelle che non riusciranno mai a rimarginarsi, neanche quando ormai adulta diventerà scrittrice e cercherà di mettere nero su bianco la sua storia.

Edurne Portela riesce a scavare nella mente e nell’animo della sua protagonista trasmettendo con esattezza al lettore la confusione, l’incredulità e la paura di una bambina che poi diventeranno la rabbia e la consapevolezza di una donna. L’evoluzione dei pensieri e del punto di vista di Amaia sono rappresentate perfettamente man mano che si va avanti con i capitoli, dedicati ciascuno a ogni anno che passa. Ma soprattutto l’autrice, anche se ci dice fin dalla prima pagina come finirà questa storia, è abile a chiudere il cerchio dopo il crescendo di sensazioni che ha provocato nel lettore e che rendono questo romanzo così incisivo.

Buona lettura!

Titolo: Meglio l’assenza
Autore: Edurne Portela
Traduttore: Thais Siciliano
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 28 marzo 2019
Pagine: 286
Prezzo: 19 €
Editore: Lindau


Edurne Portela – ha vissuto a lungo negli Stati Uniti, dove ha conseguito un dottorato in Letterature ispaniche presso la University of North Carolina. Ha insegnato Letteratura latinoamericana e spagnola presso la Lehigh University (Pennsylvania). Il suo lavoro di ricerca si è incentrato sullo studio della violenza e le sue rappresentazioni nella cultura contemporanea. Ha pubblicato il libro Displaced Memories: the Poetics of Trauma in Argentine Women’s Writings (2009) e vari articoli accademici in cui esamina la relazione tra memoria, testimonianza e produzione letteraria nelle autrici argentine e spagnole che hanno raccontato esperienze di carcere, tortura ed esilio. Negli ultimi anni ha scritto sul conflitto basco in numerosi articoli e in un libro (El eco del los disparos). Dal 2016 risiede a Madrid, dove si dedica completamente alla scrittura, collaborando con quotidiani e periodici.
Il suo libro Meglio l’assenza è stato premiato come migliore opera di narrativa del 2018 dal Gremio de librerías de Madrid.

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