Briciole | Baco | La prima estate e altri racconti | L’isola senza tempo | Itaca

Buona domenica, amici.
Questo è un periodo abbastanza complicato per tutti. Confesso che (non solo per questo, ma anche perché per lavoro passo ore davanti al computer) per ora leggo molto più lentamente e spesso non trovo nemmeno la concentrazione per scrivere in maniera più estesa, come ho sempre fatto, delle mie ultime letture. Però voglio provare comunque a dire qualcosa, perché tante volte sono libri che meritano molto. Per questo motivo torno ancora una volta con la rubrichetta Briciole per raccontarvi le mie ultime letture, libri di cui ho parlato qualche giorno o settimana fa su Instagram, quindi chi mi segue lì ha già visto tutto (se non mi seguite sono QUI). Siccome non tutti sono iscritti a quel social, trasferisco i miei ultimi pareri qui, in modo che rimangano fissati sul blog, che rimane comunque la mia piattaforma preferita per parlare di libri. Ovviamente, se volete sapere qualcosa in più su questi libri chiedetemela pure.
Mi perdonate se di recente latito un po’?
Buona lettura!

«Io ti capisco bene, perché le parole mi sono sempre sembrate stampelle ingombranti. A differenza dei segni non sono mai davvero giuste, mai davvero sincere, anche nei migliori dei casi pencolano dove vogliono loro, nascondendo intenzioni che non corrispondono esattamente con quello che cercherebbero di far credere. Bisognerebbe poterle mettere a stecchetto, ma la verità è che vincono sempre loro».

Baco di Giacomo Sartori (edito da Exòrma) è un romanzo molto particolare (nella collana quisiscrivemale sono tutti un po’ fuori dagli schemi) che è soprattutto una riflessione sulle parole. Il protagonista è un ragazzino sordo e iperattivo che ha difficoltà a parlare, ma per questo sa scegliere cosa dire e cosa non dire. È circondato da personaggi strampalati: il padre tecnico informatico, la madre in coma dopo un incidente stradale, il fratello nerd, una nonna in cenere, una logopedista che lo aiuta a dire ciò che ha da dire e Baco, un’intelligenza artificiale dallo spirito attivista e altruista creata dal fratello.
Ma se ognuno sembra preso dai fatti suoi è proprio Baco che, con l’aiuto del protagonista, vorrebbe fare attivamente qualcosa per risolvere i problemi del mondo (secondo lui) e della “sua” famiglia. L’unica cosa che sembra non riuscire a fare è cambiare il destino delle api, tormentate e spesso uccise dai pesticidi.
Sono tanti i temi in questo romanzo (natura, startup, disabilità, intelligenza artificiale, attivismo, spionaggio, tecnologia), alcuni anche legati alla formazione da agronomo specializzato in scienza del suolo di Sartori, ma sono tutti ben inseriti e collegati fra loro. Giacomo Sartori è un autore prolifico che anche questa volta ha messo su una storia vincente.
DETTAGLI: Baco, Giacomo Sartori, Romanzo, Letteratura italiana, 332 pp., Exòrma Edizioni, novembre 2019, 16, 50 €


«Ma oggi è ancora il 1970, ho dieci anni e mezzo, e su questa spiaggia dove dopo due giorni di tempesta risplende nuovamente il caldo sole di luglio, e a tutti è tornata la voglia di fare il bagno nel mare blu della Calabria, posso dire ai miei zii e ai miei amici, con il mio più onesto e innocente candore: Com’è bello quel ragazzo che gioca a pallone là in riva. Vorrei tanto avere una sua fotografia”».

La prima estate e altri racconti di Anton Giulio Onofri è uscito a novembre del 2019 per gli amici di Corrimano Edizioni.
Come si evince dal titolo, si tratta di una raccolta di racconti, il primo dei quali si intitola appunto “La prima estate” e vede come protagonista un ragazzino che nell’estate dei suoi dieci anni è ancora spensierato e felice ma probabilmente inizia a conoscere la sua vera essenza, a provare i primi desideri. Ma c’è anche un uomo anziano che consegna a due ragazzi il ricordo del suo grande amore verso un altro uomo; il ricordo di uno dei fotografi più famosi dell’ultimo secolo, ma anche la storia di un compositore anonimo.
I temi trattati nei racconti sono molteplici, si parla di musica, di arte, fotografia (e nella narrazione si avverte anche lo sguardo da sceneggiatore di Onofri), e di omosessualità. Ma quello che li lega tutti è sicuramente la visione dello scorrere del tempo, insieme all’importanza del ricordo, che sia di un tempo lontano, di un amore perduto o di un parente ormai scomparso da tanti anni. L’estate forse va vista come una stagione dell’esistenza umana, la stagione felice per antonomasia, quella in cui splende il sole, ma che è comunque destinata a finire per fare spazio all’autunno.
DETTAGLI: La prima estate e altri racconti, Anton Giulio Onofri, Racconti, Letteratura italiana, 116pp., Corrimano Edizioni, novembre 2019, 10 €


«Le storie non iniziano e non finiscono. Le storie si aprono, come le porte. E continuano. Perfino quando sembra siano finite. O finiscono quando sembra che stiano cominciando».

Il mese scorso è uscito per Las Vegas edizioni il nuovo romanzo di Gianluca Mercadante, L’isola senza tempo, una storia molto bella di cui si comprende la vera essenza solo alla fine.
Biagio deve partire per un viaggio di piacere con Andrea, il suo grande amore che, però, nella vita ufficiale ha una moglie ed è padre. Poco prima di partire lo chiamano al telefono e gli dicono che suo padre Marcello, ricoverato in una casa di cura a causa della demenza senile, sta male e si trova in ospedale. I due allora decidono di tornare indietro e Biagio raggiunge Marcello che, in realtà, sembra molto presente con la testa e, anzi, dice al figlio di andare insieme sull’Isola Senza Tempo, un posto di cui quand’era piccolo gli parlava sempre. Biagio è confuso, capisce che l’Isola non può esistere, ma il padre sembra comunque lucido e… finiscono per andare sul serio in quel luogo magico.
Quella di Gianluca Mercadante è una storia in cui si entra a poco a poco e che man mano che si procede nella lettura conquista il cuore del lettore. Al centro della vicenda c’è il rapporto fra un padre e un figlio che pensava che il genitore sapesse poco e niente di lui; sono due persone che sembrano trovare finalmente il momento adatto per conoscersi davvero, per raccontarsi ciò che negli anni si erano taciute. Realtà e immaginazione, vita e morte, tutto si fonde in una sorta di dimensione onirica in cui tutto sembra possibile. Fino alla rivelazione finale.
DETTAGLI: L’isola senza tempo, Gianluca Mercadante, Romanzo, Letteratura italiana, 216 pp., Las Vegas Edizioni, ottobre 2020, 15 €


«I confini sono squarciati e dalla breccia aperta sembra arrivare un richiamo simile al pothos che spinse Ulisse nel suo desiderio di scoperta, Alessandro a sfidare i confini del mondo, i più umili itacesi dei secoli successivi a cercare fortuna dalle coste del mar Nero all’Australia. Capisco perché Marmaka risveglia in molti un improvviso desiderio di più ampi e aperti orizzonti: per chi abita a Itaca è il luogo della nostalgia dell’altrove, dell’esatto contrario del nostos».

Nel catalogo Exòrma c’è una collana che ho scoperto qualche anno fa per caso: si tratta di “Scritti traversi”, dedicata alla letteratura di viaggio. Non sono guide, ma sono esperienze di viaggio, narrazioni di luoghi e modi di vivere che si legano con altre discipline come l’arte, la musica, la letteratura, il cinema, e tanto altro. Da quando l’ho scoperta mi sono appassionata a un genere in cui prima non ero incappata: la letteratura di viaggio, e quindi è da un po’ di tempo che amo viaggiare con la mente.
L’ultimo viaggio me lo sono fatto poco tempo fa, sono andata a Itaca. L’isola dalla schiena di drago insieme a Luca Baldoni, che nella patria di Ulisse ci è stato davvero, ma in tempi di recenti. L’autore di questo bel libro esplora “la petrosa isola” ripercorrendo quei luoghi narrati da Omero, raccontandoci le leggende locali e guardando indietro nel tempo alle scoperte archeologiche. Ma come si presenta oggi questo luogo? Come ne ha parlato Lord Byron? E che effetti ha avuto su di lei la pirateria negli anni?
È questo quello che troveremo dentro questo libro, insieme a tante altre curiosità su un’isola che conosciamo in tanti solo per il suo significato all’interno dell’epica greca, ma che esiste davvero e ha una sua storia molto particolare.
DETTAGLI: Itaca. L’isola dalla schiena di drago, Luca Baldoni, Letteratura di viaggio, Letteratura italiana, 311 pp., Exòrma Edizioni, aprile 2019, 15, 50 €

Dopo il diluvio | Leonardo Malaguti

Dopo il diluvio è il romanzo d’esordio del giovanissimo (classe ’93!) bolognese Leonardo Malaguti, pubblicato quest’anno da Exòrma nella collana quisiscrivemale, dove non si scrive male proprio per niente. Luogo e tempo della storia non sono ben specificati, si capisce che ci troviamo nel cuore dell’Europa, forse dalle parti della Germania, nei primi del Novecento, ma lo si evince da qualche dettaglio come il telefono che non tutti sanno usare bene o il telegramma, o dai nomi dei personaggi. Siamo in un villaggio situato all’interno di una conca, villaggio che dopo uno spaventoso diluvio è rimasto completamente sommerso e isolato; le fognature sono tappate, non si riesce a capire perché, quando finalmente ci si rende conto che c’è qualcosa che ottura la valvola di scolo: è il cadavere del sindaco Venders. Da questa macabra scoperta tutto cambia, il paese viene come catapultato indietro nel tempo, si sa, quando l’essere umano sperimenta la paura e il panico ritorna al suo stato primordiale. Inizia una sorta di Medioevo buio in cui ognuno reagisce in modo diverso: chi perde la ragione, chi dà la caccia alle streghe, chi invece tenta di restare lucido e seguire il lume della ragione.

Quella di Malaguti è una fiaba nera, un racconto che se all’inizio è macabro poi diventa qualcosa di grottesco, tragicomico, una storia che se in alcuni momenti suscita il riso, molto più spesso lascia il lettore con l’amaro in bocca e dà la sensazione di qualcosa di già visto (gli esiti spesso drammatici dell’isteria collettiva che deriva dalla paura dell’ignoto).
Se l’acqua può essere vista come elemento purificatore che tutto lava e tutto pulisce, qui è il preludio della fine del mondo, il diluvio dà vita ad una piccola apocalisse: chi ha ucciso il sindaco? chi è questo nemico che sta venendo da fuori ad attaccare il paese e che cosa vuole? chi ha diffuso questa voce? Nessuno sa rispondere a queste domande, ma nemmeno si può dire che qualcuno faccia qualcosa per venirne a capo – commissario Van Loot a parte – perché tutti sono troppo impegnati a farsi prendere dal panico.

E anche i personaggi sono totalmente fuori dagli schemi, anzi forse rappresentano l’opposto di quello che dovrebbero: il Pastore Thulin dovrebbe essere una guida spirituale, invece frequenta il bordello del paese e forse ha messo incinta una delle ragazze che lavorano lì; il sindaco, che dovrebbe essere un esempio di integrità, è una persona dalla dubbia moralità che attenta alla purezza dei bambini; il generale Krauss della disciplina appresa nelle armi non tiene in conto nulla, vorrebbe essere il deus ex machina di tutta questa vicenda e poi finisce per esserne completamente sopraffatto. Il grottesco avvolge tutti, non risparmia nessuno; anche la madre del commissario, Berta, che da ragazza aveva finto di essere uomo per fare il militare, ma poi ha messo il braccio su una granata, e nel momento in cui è stata soccorsa tutti si sono accorti che era una donna; il contadino Marz che quasi tiene prigioniera la moglie Lisetska, nascondendole i documenti che le permetterebbero di fuggire e liberarsi dalle sue angherie, e poi quando non la trova in casa esce a cercarla e sparisce.

Se i primi capitoli sono una sorta di premessa e servono a conoscere di volta in volta i vari personaggi e a capire quale sia il loro ruolo all’interno della storia, tutte queste persone poi sono come attratte verso un centro in cui si forma una massa indistinta di gente, “la massa”, appunto, potente, impietosa e primitiva. Man mano che confluiscono tutti verso quest’organismo che diventa sempre più omogeneo, il ritmo della narrazione sembra aumentare sempre di più, fino a quando si arriva all’epilogo che – com’è prevedibile – è rappresentato dalla ricerca di un capro espiatorio. Chi sarà? Non vi resta che leggere il romanzo di Malaguti per scoprirlo.

Buona lettura!

Titolo: Dopo il diluvio
Autore: Leonardo Malaguti
Genere:
 Romanzo
Anno di pubblicazione:
 2018
Pagine: 210
Prezzo:  14,90 €
Editore: Exòrma

“Le farfalle danzano e le formiche si ingegnano” di Lafcadio Hearn

Se c’è una cosa di cui ho realmente paura sono gli insetti, sono capacissima di restare pietrificata alla sola vista di una formichina, quindi il libro di  cui vi parlo oggi è una lettura parecchio inusuale per me. Le farfalle danzano e le formiche si ingegnano di Lafcadio Hearn (e a cura di Alessandra Contenti) è una delle ultime pubblicazioni di Exòrma, uscito pochi giorni fa, il 21 settembre. Si tratta di una selezioni di brani da Insect studies di Hearn, dei veri e propri racconti che affrontano specie diverse di insetti su cui l’autore si è potuto documentare durante la sua permanenza in Giappone alla fine dell’Ottocento.

Lafcadio Hearn è stato un giornalista e scrittore irlandese che dopo aver vissuto e lavorato in Europa e in America, si trasferì nel 1889 in Giappone dove si sposò con una giapponese (cambiò il suo nome in Yakumo Koizumi) e rimase fino alla fine dei suoi giorni. Lì ebbe modo di diventare una specie di istituzione per i giapponesi, quasi come un haiku, dice Masanobu Otani, e di studiare gli insetti e raccogliere testimonianze letterarie su di loro. Per la prima volta tradotti in italiano, quindi, possiamo leggere racconti in cui, nei fatti, gli insetti sono inquadrati da un punto di vista molto diverso dal nostro, con la delicatezza tipica della letteratura giapponese. Le farfalle, le formiche, le libellule non sono solo l’oggetto degli studi di Lafcadio Hearn, ma anche il punto di partenza per raccontare aneddoti, storie o tradizioni della cultura popolare o del passato del Giappone.

Il capitolo che secondo me è il più bello è Storia di una mosca, in cui si racconta di una donna che dopo essere morta torna dalla famiglia presso cui prestava servizio in forma di mosca perché le erano rimaste delle questioni in sospeso nella sua vita da umana. In realtà nella cultura giapponese gli insetti sono venerati, quindi il significato – ma anche il senso – di questa storia è totalmente diverso da quello che le si potrebbe attribuire con la nostra visione occidentale. Infatti l’uomo e la donna che si trovano a fare i conti con questa grande mosca, appena si rendono conto che si tratta della loro serva passata a miglior vita, tentano di tributarle gli onori dovuti usando soldi che lei aveva lasciato in casa per un servizio funebre dedicato alla sua anima.

Le farfalle danzano e le formiche si ingegnano fa parte della collana Scritti traversi, quella dedicata alla letteratura di viaggio e che si concentra su argomenti che ci portano a guardare alle diverse parti del mondo. Stavolta facciamo un viaggio nel Giappone di fine Ottocento.
Buona lettura!

Titolo: Le farfalle danzano e le formiche si ingegnano
Autore: Lafcadio Hearn
Traduttore: (e cura di) Alessandra Contenti
Genere:
 Saggistica
Anno di pubblicazione:
 21 settembre 2017
Pagine: 144
Prezzo: 14,50 €
Editore: Exòrma

Giudizio personale: spienaspienaspienaspiena

“Le pietre” di Claudio Morandini

Qualche giorno fa mi è capitato di entrare
in una casa per la benedizione pasquale,
di esservi accolto con ogni onore,
e di esserne scacciato a sassate.
Vi chiederete come sia possibile.

 

Pochi giorni fa, il 13 aprile, è uscito per Exòrma Le Pietre il nuovo romanzo di Claudio Morandini, che avevamo già conosciuto con Neve, Cane, piede (vincitore di vari premi e della cinquina di Modus Legendi). Ero particolarmente curiosa di leggerlo perché il libro precedente mi era piaciuto proprio tanto e devo dire che questo ha soddisfatto le mie aspettative. L’ambientazione è la stessa: siamo in quelle zone di montagna care all’autore, zone che probabilmente conosce bene e in cui si trova a suo agio ad ambientare le storie che crea. Questa volta, però, i protagonisti non sono la neve, un vecchio burbero e fuori di testa o un cane parlante, bensì delle pietre che, in un’atmosfera in cui realtà e fantastico si fondono, sembrano tenere in scacco un intero paese.

La voce narrante è quella di un uomo che deve tornare indietro con la mente per spiegare perché adesso, tra Sostigno (più a valle) e Testagno (più su) la gente viva minacciata dalle pietre. Tutto comincia quando a casa di Ettore e Agnese Saponara – due professori che si sono trasferiti dalla città per cercare un ambiente più tranquillo – un giorno appare un mucchietto di polvere in soggiorno. Agnese non capisce da dove arrivi questa sporcizia, forse è caduta dal soffitto, ma non ci fa troppo caso, pulisce e si dimentica. Qualche giorno dopo quella polvere ritorna, ma in quantità maggiore; poi sempre di più, fino a quando non spuntano una, due, tre pietre, che si vanno moltiplicando. I Saponara, che hanno provato ad entrare nella stanza e sono stati malamente colpiti e feriti da queste pietre, sono costretti a chiudere a chiave il soggiorno, non possono utilizzarlo più. Le pietre colpiscono perfino il sacerdote che arriva per dare la benedizione e la gran quantità di maghi e pseudoesperti che vengono in massa per tentare di spiegare il fenomeno. Senza contare i ficcanaso.
Insomma, nel presente del narratore la gente si è ormai abituata a questa situazione, i bambini fanno addirittura le gare con le pietre che rotolano da sole e si limitano ad aspettare quella che arriverà per prima.

Ma Le pietre non è solo il racconto di due coniugi minacciati dalle pietre semoventi in un paesino sulle Alpi: Morandini ci parla anche di una piccola comunità che deve accettare due persone che vengono dalla città ma non riesce mai del tutto a farlo e si chiude. Infatti, le prime spiegazioni che vengono date (dai paesani) sul fenomeno riguardano più che altro una sorta di rivolta del territorio a questi Saponara che non appartengono a quei luoghi, come se Sostigno volesse cacciarli in modo “naturale”. Gli altri sono abituati a vivere tra le pietre (c’è chi le dipinge o chi addirittura ci fa il brodo), i due professori no e, per di più, non conosco quel legame intimo che gli abitanti hanno da sempre con la montagna, coi posti in cui vivono. Un’altra ipotesi che viene fuori, ancora contro i Saponara, è che sia una truffa messa in atto proprio da loro per attirare l’attenzione o magari apparire su qualche giornale (copiando un caso simile avvenuto tantissimi anni prima).
Ma queste pietre minacciano la casa o le persone? E chi, nello specifico? Agnese o Ettore?

Claudio Morandini, quasi mettendo in atto l’artificio della regressione, racconta questa storia calandosi nei panni di un uomo di montagna, non troppo istruito, che ogni tanto si lascia scappare un orca madosca. Come è accaduto quando ho letto Neve, cane, piede, anche qui ho provato quello spaesamento, quell’incertezza che nasce dal non trovare una spiegazione unica ai fatti e, anzi, dall’essere travolti da una miriade di interpretazioni. Se nel primo romanzo non si capiva se il vecchio Adelmo avesse visto/commesso/detto/sentito determinate cose, qui ci si trova spiazzati quando si deve immaginare il perché di questa rivolta delle pietre nei confronti dei Saponara e di chiunque si azzardi ad entrare nel loro soggiorno. Ma non solo, viene anche il dubbio che tutto ciò possa non essere reale, che sia uno scherzo del paese ai danni dei due malcapitati. Una volta entrati nella storia, però, si cominciano a trovare varie chiavi di lettura e si riesce a fare chiarezza. Non troppa però!

Mi piace molto questo senso del fantastico che aleggia sulla vita degli abitanti di Sostigno e Testagno, ma mi piace ancor di più il modo in cui l’autore spesso smette di esser serio e gioca con l’ironia, anche per alleggerire la narrazione. Le pietre è un libro che soddisfa le aspettative di chi aveva letto Neve, cane, piede e da Morandini immaginava di ricevere quanto meno una storia altrettanto bella, se non di più.

Buona lettura!

Titolo: Le pietre
Autore: Claudio Morandini
Genere:
 Romanzo 
Anno di pubblicazione:
 13 aprile 2017
Pagine: 192
Prezzo: 14,50 €
Editore: Exòrma

Giudizio personale: spienaspienaspiena